TRENT’ANNI DI PIOMBO, SOGNATI NEI FILM
di Giacomo Carioti
Se non temessi l’accusa di amichevole piaggeria, non esiterei a definire l’uscita del libro di Giuseppe Del Ninno “PIOMBO, SOGNI E CELLULOIDE” come un evento memorabile per la nostra editoria cinematografica.
Ma, hooops! …L’ho fatto!
Meglio così, la sincerità non può certo temere puerili insinuazioni.
Memorabile quindi, e niente di meno.
Innanzitutto perché ci riporta al gusto della scrittura leggibile e godibile: quella che coinvolge il lettore al punto di desiderarne, capitolo dopo capitolo, la rilettura, alla scoperta di sempre nuovi spunti di riflessione e di riscoperta.
Da quanto tempo si era dimenticato questo piacere? …specie praticando l’editoria dello spettacolo, dove la saccenteria, il tecnicismo, e la complicità suppostamente profetica la fanno da padroni…
Il primo approccio alla lettura mi ha dato una piacevole sensazione di similitudine –pur nella diversità di genere- con un capolavoro della critica: quello “Spettatore addormentato” di Ennio Flaiano che tanto mi ha riconciliato con la frequentazione teatrale, raccogliendo lo spunto di intimistico rivolgimento che l’autore utilizzò per sopravvivere alla settimanale sopraffazione del palcoscenico.
Giuseppe Del Ninno non è mai stato -come Flaiano davanti alla scena- addormentato di fronte alla schermo: tuttavia penso che i film visti, e che più lo hanno colpito o interessato, siano stati nel sonno rivisitati e più attentamente verificati, nei loro dettagli e nelle loro sfumature impercettibili nell’inarrestabile svolgimento della pellicola. Una sorta di moviola onirica, collegata al bagaglio di pensiero dell’Autore, che è così partito verso un itinerario del tutto personale ma di interesse collettivo, addirittura generazionale.
Un itinerario lungo un trentennio (anni ‘70,’80,’90) che percorre le strade della nostalgia come quelle del disagio, dell’entusiasmo giovanile e della matura riflessività, della febbrile audacia e della composta responsabilità, del confortante fatalismo e della opprimente paura: vibrazioni tutte contemporaneamente presenti nell’arco cinematografico di un’epoca irripetibile.
Irripetibile al punto che viene da chiedersi se ci sia mai stata, al di là del nostro immaginario.
Piombo, sogni e celluloide: tre parole evocate e talvolta invocate, ma che tuttavia non esistono più. In ogni caso, non definiscono più le stesse cose di quel tempo, pur così vicino ma definitivamente perduto nelle inconoscibili alchimie della storia.
Il piombo, sostituito dal veleno quotidiano di una politica che di quel multiforme piombo si è nutrita, trasformandolo poi subdolamente in un tossico narcotico, sempre più avido di vittime inconsapevoli, e spesso anche ignare compartecipi del loro stesso sacrificio.
Il sogno, che sempre questa politica ha infangato e soffocato, trasformando la stessa parola in una sorta di vergognoso retaggio.
La celluloide, anch’essa ormai materiale subonirico, sostituita da pixel sempre più microscopici che vorrebbero illuderci di un fantomatico HD, ma che in realtà costituiscono solo un incombente e progressivo fastidio visivo: che peraltro ben si conforma alla generale fastidiosità del cinema più recente, che da tempo non è più cinema ma solo misero sottoprodotto, pacciame imbellettato per risultare telegenico.
Il libro di Giuseppe Del Ninno, con il piacere di rivivere le mille inquadrature del nostro cuore anticamente cinefilo, restituisce alle immagini e ai suoni, riposti in quelle fatidiche parole, il loro più autentico e gioiosamente tragico clangore.
Giacomo Carioti
L’Associazione della Stampa Cinematografica e dell’Immagine ha conferito al libro “Piombo, sogni e celluloide” di Giuseppe Del Ninno il premio “EDIGRAMMA 2018”.