di MAURIZIO LIVERANI
Come alle sciantose a un certo momento viene chiesta la “mossa”, accompagnata da uno scroscio di applausi, allo “sciantoso” Alberto Sordi (oggi avrebbe cent’anni) veniva sempre chiesto il pernacchio de “I vitelloni”. Ricordate: “Lavoratori, prrrr…” con la mano destra che fa fare il compasso al braccio sinistro. E giù fioccavano gli applausi. Quando, finalmente, il festival di Venezia gli dette il Leone d’oro alla carriera, nel 1994, il suo commento fu: “Ormai i comunisti non mi odiano più”. E’ stato amico di tutti ma, soprattutto, di se stesso. Stimava Giulio Andreotti, “L’unico uomo politico che abbia fatto qualcosa per il cinema”. Con o senza forbici della censura, poco importa. “Più che un prodigio, ero guardato come un fenomeno. A cinque anni comperai un mandolino da una vecchia maestra cui andavo al doposcuola. Vedendomi sempre con l’occhio fisso sul mandolino, la maestra mi disse: ‘Quando avrai quattro soldi te lo venderò’”. E un giorno Alberto si presentò con quei quattro soldi e lo acquistò. Sosteneva che all’ammirazione subentra spesso, verso i bambini prodigio, il fastidio. Il fastidio si manifestò attraverso schiaffi che gli giungevano da mani ignote. Durante le carnevalate qualcuno gli si avvicinava fingendo di complimentarsi con lui e poi, approfittando della distrazione delle sue sorelle, gli mollava una sberla. “Gli sganassoni mi provocarono delle conseguenze da grande”. E il dottore gli chiedeva: “Che da piccolo hai preso sganassoni?”. Sin da bambino ha imparato che il successo, soprattutto in Italia, si paga. “Già a cinque anni ho dovuto pagare lo scotto di questa mia genialità”. C’è sempre l’invidia, le mamme degli altri ‘regazzini’ gli sorridevano piene di rabbia e appena potevano facevano scontare in qualche modo l’umiliazione che Alberto dava ai loro figli. “Un bambino biondo che suona il mandolino e recita bene le poesie deve essere preso a schiaffi”. Sordi era un bambino bello. “Dicevano tutti che ero molto bello; raggiunsi una grande popolarità vincendo un concorso di bimbi belli. Mi fotografò il grande ufficiale Rinaldi che aveva uno studio al viale del Re. Si era nel 1926; abbinato al concorso c’era il premio di una tessera per entrare gratis per un anno al cinema ‘Italia Nova’ di Trastevere. La mia foto esposta fuori del cinema mi procurò altri sganassoni invidiosi”. Gli chiesi una volta se non gli era nato il complesso di essere romano. “Un complesso no. Sin da ragazzino sentivo un certo disagio. Mi insegnarono che per parlar bene non bisogna parlare romanesco. Avevo una insegnante molto seria cui un giorno posi questo problema: ‘Signora – le dissi- a me sembra che a parlare semplice e discorsivo sia più immediato. Dire ‘fero’, come i romani invece di ‘ferro’, non mi pare che possa dare fastidio”. “Peccato –rispose l’insegnante- perché lei ha una bella voce, un bel fisico, purtroppo non potrà mai essere un attore”. Alberto invece aveva la famosa “banana”. “Ma ndo vai se la banana non ce l’hai?”. La canzone del film “Polvere di stelle” è diventata inno nazionale. La “banana” sta per grimaldello, buono per aprire tutte le porte, da quelle delle banche a quelle della politica. Di noi italiani è precettore, maestro, mentore. Un suo sogno nel cassetto era un film su Galeazzo Ciano, il marito di Edda Mussolini. A Sordi piaceva scherzare con le istituzioni, con i riti del cinema e quelli della politica. Gioiva del passare degli anni perché si facevano sempre più rari i consigli di prendere moglie, “un’estranea in casa”. Perché in tante interviste non ha mai detto che a non volergli assegnare i Leoni d’oro per i film è stata la sinistra? Finché la figura –nata con la guerra – dell’”uomo nuovo”, pregno di ideali appagava gli animi, un tipo come Alberto Sordi non poteva sedurre che una parte degli italiani. Da quando il mito dell’”uomo nuovo” ha preso a deludere, il personaggio di Albertone ha cominciato a conquistarci tutti.
MAURIZIO LIVERANI
(dai libri “SORDI RACCONTA ALBERTO”, “IL REGISTA RISCHIA IL POSTO”, “AFORISMI SOSPETTI” e “LASSU’ SULLE MONTAGNE CON IL PRINCIPE DI GALLES” di Maurizio Liverani)