FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI
LA FRESCHEZZA DI GINA, VENERE IMPERIALE
Auguri in ritardo a Gina Lollobrigida che, alla sua età, ha la freschezza di quando interpretava “Pane, amore e fantasia”. Una prima bellezza cinematografica del dopoguerra che consolò noi italiani di tanti rovesci e di tante tribolazioni. Non ho mai conosciuto diva con tanta volontà di sopravvivere più a lungo possibile al proprio tramonto. Gina ha offerto di sé sempre la stessa immagine. All’esordio, quando c’era da interpretare una donna impacciata, analfabeta, che sapeva esprimersi soltanto con la bellezza, chi poteva essere se non la Lollo? Lei avvallò, ma intimamente ne ha sofferto per essere considerata solo per l’apparenza. Il regista Pietro Francisci ebbe la “furbizia” di stringere la vita e il busto di una ragazzetta in modo che il seno quasi si gonfiasse sulla scollatura, galleggiando morbido e dolce. Fu così che “creò” Gina Lollobrigida in due filmetti musicali che si intitolavano “Stornellate romane” e “Na sera ‘e maggio”. “L’Italia è un paese difficile – ripeteva l’attrice – ci si brucia presto”. Intendeva dire che da noi l’invidia è, tra tutti i sentimenti umani, uno dei più automatici come l’amore che nasce da sé e opera da sé. Di solito gli attori-tipo sono incapaci di affrontare con serenità, dopo l’esaltazione del successo, la vita quotidiana e il timore del declino. Saper sfuggire a questa nevrosi è difficile conquista. Ho conosciuto la Lollobrigida sul set di un film di Alessandro Blasetti, “Io e gli altri”. Mi disse: “Faccio una donna frivola e molto egoista. Mi sono accorta che l’egoismo è un difetto essenziale. In una certa misura dovremmo averlo tutti”. Gina nella sua vita ha scoperto molte cose. Ha retto l’arrembaggio delle concorrenti mettendo in rilievo il fascino che è quello di una ideale bellezza, non allarmante. Quello di una bellezza media italiana con tutto il buon senso, il realismo di una donna di buona natura.
MAURIZIO LIVERANI