di Maurizio Liverani
Questo Natale ha un carattere inquietante. La parola terrorismo, come il profumo della zuppa dei cavoli, arriva dappertutto. Nell’oceano delle negazioni gli esperti delle diagnosi precoci galleggiano su barchette di carta. Titoli come “Europa Unita in crisi”, “Morte delle ideologie” rendono omaggio all’indifferentismo di noi italiani, imbottiti di un pessimismo che ci dà una calma rassegnazione, amareggiata soltanto dal contegno del fisco. La Chiesa sembra aver tradotto la religione in un fatto di classe, chiuso in una costosa solidarietà che predica prevalentemente a parole. La solidarietà umana dovrebbe essere una norma introdotta nella vita, sottratta alla semplice enunciazione che chiude la religione in una zona di irresolutezza. Se si è veramente dalla parte dei diseredati bisogna spogliarsi di tante ricchezze, di tanti privilegi. Concepita in maniera contraria, si riduce a un atto consuetudinario; incoraggia a non pensare, porta alla paralisi della sofferenza morale e lascia intravvedere una versione della fine, un nichilismo perbenistico che uccide solidarietà e soccorrevolezza verso gli umili. Ormai si conoscono a fondo i tanti punti neri della società, della religione, delle ideologie. Neri i colori della borghesia e della mandria dei benpensanti; non certo rosei quelli del popolo. I trasfughi dalla fede non ce ne sono; si prega con vuoto automatismo. Il secolo nato da poco si presenta con questo viso apatico, trapunto di atrocità, vizi, ruberie; i soliti problemi che sono quelli dell’aldilà. L’iconoclasta ha un’anima religiosa, molto spesso pensa alla morte scegliendo la cremazione per non lasciare traccia su questa terra immonda. Il timore è di restare accettando di credere in questa bolgia.