“Gli italiani – scrive e riscrive D. H. Lawrence con spicciativa franchezza – sono molli, languidi, sentimentali, presuntuosi, indiscreti, istintivi e quindi privi d’anima e di spiritualità”. E’ riferita l’altra sua opinione, in questa era il più entusiasta ammiratore del nostro Paese: “Gli italiani sono i più intelligenti della terra”. I cagliaritani, grati per aver scritto un libro sulla Sardegna, gli hanno dedicato una lapide.
Nelle file comuniste si conosceva che Bettino Craxi avesse imbroccato il tono giusto. Tra tante facce “di sinistra” nate per la noia, Craxi faceva pensare a un astro. Con quel faccione da bambolotto caucasico, con quell’aria beffardamente condiscendente, con quell’affabilità sempre un poco offensiva avrebbe potuto essere un Migliore con i fiocchi. I partiti, al tempo del famoso processo, erano tutti coinvolti in Tangentopoli; si è rubato, diceva il compagno non ordinario, per la “causa”. I partiti anticomunisti l’hanno fatto per opporsi alla “causa”. E’ questo che la base del Psi voleva sentir dire dai capi i quali, al contrario, sostenevano che le mani di Craxi fossero pulitissime. La logica conseguente distrugge la zavorra sentimentale, è qui la “diversità” tra i partiti di Tangentopoli e gli altri.
Nel Pci si è fatto un gran uso di gramscismo. Un’ideologia surgelata in cui c’è di tutto: idee per restare il più a lungo possibile alla staffa dei poteri che contano; vezzi lessicali per demolire i “Promessi sposi”; gergo critico e intercalare di sette letterarie per dimenticare Silone e i fratelli Rosselli; una vitalità ansiosa innestata nell’albero genealogico del socialismo di stampo europeo. Con Gramsci, il comunismo era destinato a passare più facilmente perché è ovattato, mentre con Marx è una camicia di forza. Con Gramsci siamo alla tecnica della sostituzione di persona, il prendere i panni dell’altro per fare le stesse cose.
In Ugo Foscolo erano greci anche il senso del dolore, dell’aspirazione alla gloria e della impenetrabile maestà celeste. Parlando della propria infanzia asseriva di essere stato “infermo spesso per malinconia”. Ma fattosi adulto, aveva scorto una possibilità di vincersi attraverso la lirica, perché essa “canta con entusiasmo le lodi dei numi e degli eroi”. La Grecia era sempre presente nella sua poesia.
Aforismi e commenti tratti dai libri di Maurizio Liverani e dai suoi recenti articoli