di Maurizio Liverani
Pieno di arguzia e bonomia, Paolo Guzzanti è tornato sulle prime pagine del giornale della destra razzolando tra i lamenti della borghesia scontenta di questo governo, ma senza rendere alcun ossequio al partito-fallo che conduce, da gran lanzichenecco, la conquista del Paese. Guzzanti offre dei problemi la versione soft. Il tremendismo, in uso, ad esempio, in televisione, gli è estraneo. Conosce bene il leninismo che ha indotto i sovietici a servirsi, oltre che della violenza, dell’astuzia; un tipo di machiavellismo brutale con il quale ha eliminato gli avversari all’interno del Pcus, ha trovato l’intesa con il capitalismo occidentale (Krupp), ha liquidato a uno a uno chi non seguiva la sua linea e ne ha stipato i gulag. Oggi viviamo dell’eco di quelle nefandezze che hanno inquinato un intero popolo che conosce ormai politicamente soltanto il linguaggio dell’odio. Inevitabilmente gli italiani si sono stancati di questo tipo di politica di cui ha tratto vantaggio soprattutto la grande industria con il suo Gramsci all’occhiello e i buoni affari. Con le vene gonfie di rabbia partiti tremendisti hanno schifato persino Beppe Grillo che, astutamente, ha tradotto la politica in trovata pubblicitaria. Il comico, improvvisamente geniale, ne ha tratto grande vantaggio. Scoprendo difetti, goffezze di comunisti, di diccì puri, infingardi e di democratici fasulli. Una vera tradizione liberale, tollerante, aperta si manifesta in Italia a spruzzi, come i soffioni boraciferi. A destra chi vuole ringalluzzirsi si paluda involontariamente di fascismo e deraglia nell’anarchia. Per il nuovo corso democratico “il Giornale” aveva le personalità di Enzo Bettiza e Mario Cervi, signori disincantati e di classe. Il momento di cambiare si fa sempre più pressante. La cosiddetta sinistra attende soltanto che le virtù dell’occidente si indeboliscano ulteriormente su scala internazionale. Il governo di centrodestra che avevamo si è degradatamente decomposto per aver largheggiato nell’assumere adepti di incerta provenienza. Grazie a tipi come Guzzanti la tendenza si sta invertendo; c’è urgente bisogno di accentuarla se si vuole che prevalga la vera libertà liberale. Oggi la politica liberale è ancora un miraggio. E’ in parte doloroso ammetterlo, ma il liberalismo italiano si è identificato troppo in un portavoce scanzonato: Indro Montanelli. “Non sa niente ma lo scrive così bene” è di Leo Longanesi. Forse è una semplice battuta dispettosa.
Maurizio Liverani
L’UOMO LIBERO E’ LIBERALE
Pieno di arguzia e bonomia, Paolo Guzzanti è tornato sulle prime pagine del giornale della destra razzolando tra i lamenti della borghesia scontenta di questo governo, ma senza rendere alcun ossequio al partito-fallo che conduce, da gran lanzichenecco, la conquista del Paese. Guzzanti offre dei problemi la versione soft. Il tremendismo, in uso, ad esempio, in televisione, gli è estraneo. Conosce bene il leninismo che ha indotto i sovietici a servirsi, oltre che della violenza, dell’astuzia; un tipo di machiavellismo brutale con il quale ha eliminato gli avversari all’interno del Pcus, ha trovato l’intesa con il capitalismo occidentale (Krupp), ha liquidato a uno a uno chi non seguiva la sua linea e ne ha stipato i gulag. Oggi viviamo dell’eco di quelle nefandezze che hanno inquinato un intero popolo che conosce ormai politicamente soltanto il linguaggio dell’odio. Inevitabilmente gli italiani si sono stancati di questo tipo di politica di cui ha tratto vantaggio soprattutto la grande industria con il suo Gramsci all’occhiello e i buoni affari. Con le vene gonfie di rabbia partiti tremendisti hanno schifato persino Beppe Grillo che, astutamente, ha tradotto la politica in trovata pubblicitaria. Il comico, improvvisamente geniale, ne ha tratto grande vantaggio. Scoprendo difetti, goffezze di comunisti, di diccì puri, infingardi e di democratici fasulli. Una vera tradizione liberale, tollerante, aperta si manifesta in Italia a spruzzi, come i soffioni boraciferi. A destra chi vuole ringalluzzirsi si paluda involontariamente di fascismo e deraglia nell’anarchia. Per il nuovo corso democratico “il Giornale” aveva le personalità di Enzo Bettiza e Mario Cervi, signori disincantati e di classe. Il momento di cambiare si fa sempre più pressante. La cosiddetta sinistra attende soltanto che le virtù dell’occidente si indeboliscano ulteriormente su scala internazionale. Il governo di centrodestra che avevamo si è degradatamente decomposto per aver largheggiato nell’assumere adepti di incerta provenienza. Grazie a tipi come Guzzanti la tendenza si sta invertendo; c’è urgente bisogno di accentuarla se si vuole che prevalga la vera libertà liberale. Oggi la politica liberale è ancora un miraggio. E’ in parte doloroso ammetterlo, ma il liberalismo italiano si è identificato troppo in un portavoce scanzonato: Indro Montanelli. “Non sa niente ma lo scrive così bene” è di Leo Longanesi. Forse è una semplice battuta dispettosa.