LA SPALLA QUALUNQUISTA DEL PD

di Maurizio Liverani

L’ammorbidimento del comunismo costringe il Pd a rivolgersi, per le azioni più basse, alla variante intransigente rappresentata dai “tardoni” dell’antico Pci. Antonio Macaluso è utile per questa strategia perché, oltre al piglio rissoso, è molto abile nell’usare lo spregioso linguaggio qualunquista come nel “Corriere della Sera” (pag. 29) del 27 febbraio. Per la conquista del Campidoglio -scrive- nella “sgangherata” Casa delle Libertà, versione Corrado Guzzanti, si fanno diversi nomi. Il più quotato è l’ex capo della Protezione civile Guido Bertolaso,  segnalato dai sondaggi come sgradito agli elettori leghisti; è rappresentato da Macaluso come una scartina. Non uno dei concorrenti è trattato con riguardo dal grande estimatore di Stalin; la Meloni, per esempio, è insopportabile. Essere avversi è lecito, ma ricorrere al linguaggio offensivo è nello stile delle vecchie camicie nere, con cipiglio impostato a terribilismo; insomma, si fa intendere che dalle iperbole oratorie si può passare, all’occorrenza, alle maniere forti. Un linguaggio, quello di Macaluso, che suscita anche nel più acceso antiberlusconiano un certo disagio. Il vecchio comunista crede ancora che il pubblico non abbia cervello sufficiente per formarsi da sé un concetto delle cose. Un sensibile controllo sulla stampa esercita oggi il lettore più avveduto, il quale non si lascia ingannare dalle astuzie dei partiti. Il professionista della politica è espropriato della sua usurpata autorità. Non molto tempo fa Macaluso ha ricordato, questa volta con simpatica autoironia, di aver combattuto sulla stampa di partito Bettino Craxi con il risultato che il defunto segretario del Psi è riuscito a governare per cinque anni, il tempo assegnato a una legislatura. Ora si ripete suscitando meraviglia anche nel Pd. Ma per sopravvivere e tenersi strette le sovvenzioni statali e il finanziamento illecito, i partiti vivono nella riproduzione di immagini che sono ormai dietro di noi e che devono tuttavia riproporre per conferirsi un “ubi consistam”. E non dover dare un perpetuo addio a tutto; a togliersi di torno.

Maurizio Liverani