di Barbara Soffici
Il duplice attentato di Bruxelles ha riacceso la paura, ha riaperto il capitolo, controverso, della sicurezza, ha alzato la guardia dell’allerta in Europa. La ormai accertata impossibilità di poter prevedere e controllare gli attacchi del terrorismo islamico crea in tutti sgomento, destabilizza le coscienze. L’attacco all’aeroporto e poi alla fermata della metropolitana, poco distante dal centro politico della Ue e dall’Onu, messi in atto da “cittadini mussulmani radicalizzati”, offertisi come “manovalanza” allo jihadismo, hanno reso manifesta l’inutilità di tutte le misure prese finora, l’inutilità anche della chiusura delle frontiere. Quello che sembrava uno spazio inespugnabile si è rivelato un bersaglio fin troppo facile da colpire. La Ue, ora, per la prima volta, si sente minacciata, sospende tutte le attività, tutti i servizi; la cittadella diventa un presidio delle forze armate mentre dilagano le polemiche, si fomenta la condanna dei sistemi di protezione e vigilanza delle strutture della sicurezza belga che ha fatto trapelare la notizia di una possibile collaborazione del terrorista Salah (arrestato qualche settimana fa) con i magistrati, senza smantellare le cellule impiantate nel territorio. Di fatto la Ue ha superato, con il sangue, l’ingenua convinzione che un debole impegno contro il terrorismo islamico l’avrebbe salvata da quest’ultimo. Mentre il Belgio deve fare i conti con l’assurda “tolleranza”, esercitata per “il quieto vivere”, che ha permesso la propagazione del fondamentalismo islamico nel suo spazio nazionale. E’ chiaro che ora, non solo in Belgio, ma nell’intera area dell’Eurozona, si interverrà con seri “programmi di deradicalizzazione” per riacquistare il controllo del territorio. E si riaprono le polemiche non solo sui termini di “correttezza politica”, per evitare la discriminazione etnica e religiosa, ma anche sulla necessità di far decollare la procura antiterrorismo prevista dal Trattato di Lisbona, di superare i limiti del mancato scambio di informazioni all’interno della Ue con una “struttura unitaria di difesa e sicurezza” frenata, fino ad ora, dagli apparati degli Stati Europei, “preoccupati di perdere poteri e competenze”. Negli attentati sono stati coinvolti i cittadini di ben 60 Paesi. Si spera che questo fatto sia arrivato alla comunità internazionale come monito: senza cooperazione internazionale è impossibile sconfiggere la minaccia jihadista. E’ necessario perciò unirsi, iniziare a collaborare per fronteggiare e sconfiggere “la rete ramificata delle organizzazioni terroristiche”. Solo con un coordinamento di intelligence sarà possibile infatti, come hanno sottolineato diversi studiosi, sventare tutte le coperture, quelle organizzazioni che nascondono, dietro ad apparenti scopi umanitari e/o culturali, le cosiddette “reti di protezione e di alimentazione” del terrorismo di matrice islamica.
Barbara Soffici