di Maurizio Liverani
Soltanto i cacciatori di prestigio hanno affidato all’auto di lusso, super-veloce, super-accessoriata, il loro “status symbol”. Soltanto da qualche tempo chi è alla guida di un bolide è visto di frequente come un “pescecane”. Prima che si parlasse tanto di inquinamento, la diffusione delle auto di grossa cilindrata era in continua espansione. Gli italiani amano questo oggetto di consumo, questo veicolo simbolo di benessere che ha reso le nostre città sempre più, come si dice, invivibili. Quando acquistiamo un’auto ci preoccupiamo di tutto trascurando di considerare quanto spazio “consuma”. La macchina modifica l’ambiente; le ripercussioni sulla qualità della vita prodotta sono disastrose. Però fa parte del paesaggio urbano, a volte lo deturpa. E’ buona regola contare i veicoli in proporzione al numero degli abitanti e degli spazi-parcheggio. La vastità del territorio è variabile; ad esempio Parma e Lecce accordano pressappoco cento metri quadrati per auto; ma questi cento metri quadrati contengono residenze, commerci, servizi, monumenti, in qualche caso anche oasi di verde. In essi dobbiamo stipare anche le auto dei non residenti. In un giorno lavorativo di una città media italiana entrano, dalle sette del mattino alle venti di sera, circa centocinquantamila autoveicoli, la maggior parte dei quali ambisce a sostare nei centri storici. Pretesa che incrementa le casse comunali grazie alle contravvenzioni e alle rimozioni. Il pedone non ha nulla da rallegrarsi perché i gas di scarico ledono la respirazione, mentre le soste illegali impediscono il rapido scorrimento degli autobus. Le lunghe attese alle fermate, il lento procedere dei veicoli pubblici inducono spesso il cittadino a non utilizzare questi mezzi. Stare in piedi ammassati – è l’opinione degli psicologi – è un fattore di depressione e favorisce lo scambio dei cattivi umori e dei cattivi odori. Gli immensi scatoloni gialli sarebbero serbatoi di aggressività; nei grandi centri si registra un aumento della scortesia. “Su questi deserti inquinati – dice un saggio dal titolo “Spazi pubblici e moderazione della circolazione” – il pedone non è soltanto un indesiderato, ma anche in costante pericolo di morte”. Se il cittadino non pone attenzione a tutti questi problemi non è più a rischio soltanto la qualità della vita ma la vita stessa. Ormai sa che circolando in città non è affatto sicuro; forse, con sorpresa, accoglierebbe la notizia che il settantacinque per cento degli incidenti stradali avvengono sulle strade dei centri urbani. Quante volte ci è capitato di pensare che chi “sfreccia” con l’auto in città sia sospinto dalla vanità di attrarre l’attenzione o dal desiderio inconscio di travolgere un pedone? La viabilità, la mobilità, il traffico: tre parole all’origine dello stress contemporaneo. Una triade che costringerebbe le municipalità, come accade oggi, a restituire la città al pedone. Il traffico è la camicia di forza per tutte le metropoli. L’ora di punta rischia sempre di divenire l’ora del “giallo”.
Maurizio Liverani