di Maurizio Liverani
Gli specialisti di araldica della professione giornalistica indicano in Casaleggio un nuovo tipo di dittatore: un pericolo per la democrazia che con garbo, eleganza, ottimo portare sapeva scovare con millimetrica precisione tutte le varie forme di furfanteria messe in atto dalla nostra classe politica che ogni giorno si indora di qualità assecondata da servilismo giornalistico. Casaleggio aveva modi così squisiti che carpiva consensi e che poneva in stato d’allerta per l’andamento, non proprio impeccabile, dalla propria attività. E’ singolare che questo gentiluomo malaticcio avesse come scopo, per l’ultimo tratto della sua vita, quello di porre fine alle malattie amministrative prodotte dalle ruberie di Stato. Casaleggio suddivideva il mondo in 5 stelle, cinque obiettivi da tenere illuminati perché rifulgessero nella loro splendente sicurezza di essere immuni dalla giustizia. Ridotto in 5 stelle, come nei baracconi dei circhi equestri, quando la stella si illuminava d’immenso squallore, partiva il colpo. Infallibile. Le ingerenze del web avevano dilatato il convincimento che ormai è possibile aggirare il mondo del malaffare politico senza rivoluzioni, imprecazioni, crucifigge. Con bonaria eleganza il giustiziere comunicava all’imputato che a spese dello Stato non ci si può arricchire illimitatamente. Questo modo para-rivoluzionario, educato dalle buone maniere dell’ideatore, era alla fine utile a chi lo aveva provocato con le “razzie di Stato”; altrettanto educatamente i cittadini erano invitati a difendersi, senza imprecare, dalle orde dei pentastellati. In altre parole, Casaleggio voleva dire basta al solito giustizialismo con cui erano arrivati al potere i partiti, con il solito metodo furfantesco inaugurato dallo scudo crociato e dalla falce e il martello. Casaleggio aveva costituito una sorta di agenzia giornalistica sostenuta dalle scorribande di “bravi” amministratori. I suoi metodi “creati” con internet lo informavano di quanto avveniva tra le mura e anche nei cassetti dei “bravi” amministratori governativi. Gli informatori dei partiti, oltre all’amicizia di alcuni “grassatori”, lo tenevano al corrente perché Casaleggio, con aria ingenua, riusciva a farsi dire cose che messe insieme costituivano, a sua stessa sorpresa, una sintesi: qui c’è del marcio! Collaboravano inconsapevolmente con lui il fior fiore della cultura oscurata dal regime. Insomma, per la cronaca spicciola, la fonte più aggiornata l’aveva Montecitorio, quadrivio di tutti i pettegolezzi, centro di raccolta e di smistamento di utilissime novità, luogo di fede e di barbarie propria delle democrazie. Gli informatori riferivano tutto nella convinzione che il bene di una democrazia sta nel dire la verità.
Maurizio Liverani