IL PANNELLA CHE C’E’ OGGI IN OGNI ITALIANO

di Maurizio Liverani

Il caso vuole che la lunga agonia di Marco Pannella, conclusasi con la morte giovedì, riveli un vuoto inatteso in milioni di italiani. In milioni di italiani Marco per tanti anni ha riempito questo vuoto, occupato abusivamente dai partiti con le loro amorfe ideologie, dalle fedi “infedeli” che annunciano un al di là mai dimostrato. Con la sua fiducia nelle possibilità e nelle qualità dell’uomo, con una sparuta pattuglia di devoti ha condotto battaglie fondamentali, tanto fondamentali da spaventare il “regime” al punto da non nominarlo neppure senatore a vita. La finta democrazia italiana ha sempre cercato di liberarsi di lui; lo poteva acquietare soltanto una malattia atroce. “Post mortem” tutti lo esaltano e lo rimpiangono. In una democrazia malata, dove è innato l’istinto dell’utile, niente è più utile che Marco si sia tolto di mezzo. Nel mio libro “Fatemelo dire” scrivo che Pannella è stato il solo, con i radicali, a dare risalto a una politica decorosa in questa miseranda qualità della vita che la classe politica impone al Paese. Con la morte, l’informazione non ha potuto ripetere i saggi di censura con la quale si è accanita contro di lui. La verità è che la politica italiana si fonda sull’oblio dei problemi veri della nazione, sollevati dai radicali. Per qualche giorno dopo la scomparsa non si riuscirà ad “occultare” la sua figura e la sua azione. C’è chi, per distinguersi, rivolge accuse per rilanciare vecchie polemiche, come se vecchio sia sinonimo di sorpassato. Il presente che vive l’Italia è la fotocopia di anni di agonia politico-sindacale. La scissione tra presente e passato cerca di farsi largo attraverso l’attuazione dei referendum. Con Pannella il successo è stato raggiunto, non l’attuazione; prova che questa non è una democrazia ma una forma di malafedocrazia. L’italiano ha la sensazione terrificante che il Paese “reale” non conti nulla. Le frontiere della soggezione ai potenti non cadono. Le recenti notizie testimoniano come il nostro Paese sia ancora quello di “Scandalusia” e di “Mafia Capitale”, saggi denuncia che risalgono agli anni ’50 e ’60. La novità di Pannella è stata quella di portare la politica fuori dalle aule parlamentari e a cui ha dato un nome: “disobbedienza civile”. Ci si augura che con la morte non si esaurisca ma aumenti la sua funzione. Marco portava in sé quel segno di superiorità su tanti uomini politici che nasce dal libero gioco del pensiero. Scelta che ha pagato a duro prezzo man mano che si instaurava una mentalità totalitaria, camuffata da una lotta tra destra e sinistra. La guida ideale del Paese era Marco Pannella. Si spera non la si debba, ora, importare dall’estero come i calciatori.

Maurizio Liverani