ALLA RICERCA DEL VERO HUMOUR

di Maurizio Liverani

Ora che le due fazioni politiche hanno rivelato la loro affinità, non è fuor di luogo ricordare gli opinionisti ricchi di humour che questa sintonia avevano intuito, traendone spunto per la loro arguzia mai incline alla malinconia crepuscolare. Gabriele D’Annunzio nei suoi rapporti con Mussolini ci offre una delle più godibili presentazioni del Duce. Benito, presentandosi al Vittoriale, lo saluta con la mano tesa: “Salve, fante alato…”. Gabriele, con prontezza, replica: “Salve, lesto fante…”. E’ un episodio tenuto in cantina, invece andrebbe ricordato perché i due si abbracciarono esplodendo in fragorose risate e tutto intorno il silenzio venne infranto da questa goliardica, improvvisata, indimenticabile scena. Sia Benito che Gabriele avevano una particolare predisposizione all’umorismo. Mussolini era grande amico di Petrolini che, nelle sue famose scenette, lo prendeva in giro metafisicamente in associazione di un “nonsense” di puro carattere verbale. Famoso il rapporto dell’uomo di Predappio con Leo Longanesi (foto), pittore e disegnatore satirico. Il gusto per una grafica graffiante lo ritroviamo nelle sue battute. “Sorge il sole, canta il gallo, Mussolini sale a cavallo” è un’ espressione della sua instancabile attitudine corrosiva, piena di vita. Il motto “Mussolini ha sempre ragione” nacque come una battuta di spirito ma divenne slogan del regime al quale Longanesi, liberale, aderì rimanendo inguaribilmente nostalgico del liberalismo. Scrive: “Le mie idee erano vaghe… oscillavano tra il lirismo socialista e il desiderio di epica… Cadde Mussolini… gli italiani dopo aver sputato sulla salma andarono di corsa al cinematografo… ritornai alla fede cattolica e a quel grande rebus che è Roma… Patria con il P maiuscolo si allontanò… futurismo, sindacalismo, pragmatismo, dio mio, come passa il tempo!…”. Quando per la prima volta incontrò Ennio Flaiano fece emergere il suo piacere cinico di dire una verità: “Resta povero, costa meno”. La sua vita è un sommario che registra meschinità e lucida consapevolezza di un mondo che punta la rotta verso il baratro mantenendo la nostalgia del passato. In quegli anni usciva un saggio dal titolo “Democrazia mafiosa” dell’imprevedibile Panfilo Gentile. L’avversione dei nuovi arrivati, di destra, di sinistra, di centro, trovò in Flaiano un nemico implacabile. A Karl Kraus che aveva definito il parlamentarismo l’incasermamento della prostituzione politica, così rincarò l’autore di “Un marziano a Roma”: “Il fascismo è una trascurabile maggioranza che si distingue nel fascismo propriamente detto e nell’antifascismo”. Flaiano divenne il flagello della Roma conformista. A proposito del teatro scrisse: “Squarzina, il secondo della classe (il primo è Strehler), crede nel teatro ed è un vero peccato che il teatro non creda in lui. Da anni sparge sui palcoscenici la nuvola di un teatro amministrativo, che sta tra il partito e il museo delle cere”. Abbiamo aperto questa parentesi su dei personaggi astiosamente dimenticati. Concludiamo con Flaiano: “-Diavolo, vado bene di qui per l’inferno?-, -Sì, sempre storto-”.

Maurizio Liverani