di Maurizio Liverani
In Vaticano ora si scopre che Papa Francesco ha una coscienza critica. La massima autorità del cattolicesimo si è reso conto che il Giubileo passa, ma nulla accade nella religiosità ufficiale di veramente importante. Gli anatemi non hanno alcuna potenza; non fa alcun scalpore lo scovare il male anche nei prati verdi e incontaminati della Città del Vaticano. La culla della cristianità, soprattutto in questi mesi giubilari, deve guadagnarsi la ribalta della cronaca. Sul fronte del cattolicesimo questo Papa ha un aspetto un po’ anemico mentre ha una buona cera su quello musulmano. Il caso non è disperato; non si può inneggiare in eterno a una Chiesa vittoriosa difendendo principi pienamente adottati. Per uscire dalla “selva oscura”, persuaso di avere la statura di un leader, il pontefice ha cominciato con il denunciare una congiura che sarebbe in atto contro l’istituzione familiare. Qualcuno in camera caritatis gli deve aver ricordato che molte famiglie italiane, anzi moltissime, vivono in povertà; di conseguenza rinunciano a dare al mondo altri disperati; la natalità in Italia è molto bassa. La diffusione di letterati che si dichiarano religiosi porta a concludere, come fa Heinrich Mann, che la famiglia, lo abbiamo più volte ripetuto, è un “nido di vipere”. Il cattolicissimo André Gide (foto) è arrivato a gridare: “Famiglia, io ti odio”. Si sa che le preferenze mutano con il mutare dei tempi. La inarrestabile tendenza dimostrata dall’umanità a essere inghiottonita dagli amori fuori norma ha indotto Francesco ad accogliere nel mondo del cattolicesimo anche i trans e i gay che prima erano additati alla riprovazione. Potrebbe essere giunto il momento di rivalutare il dirompente “modernista” Ernesto Buonaiuti, il quale nelle “Lettere di un prete modernista” rimproverava la Chiesa di dare troppa importanza a principi obsoleti e di dare ai credenti un’immagine cupa della vita. La comprensione papale sull’omosessualità è stata salutata, traendo le accorte conclusione, dagli adepti come il segno di una vita nuova. Insomma, il Dio che Francesco incensa è reso più accessibile. L’essenziale, per il momento, è aggirato. Bisogna “rimpinguare” le tasche dei lavoratori; solo così anche gli atei (gay o non gay), potranno dire: “la classe operaia va in Paradiso”.
Maurizio Liverani