ARRIDATECE MARCHINI!

di MAURIZIO LIVERANI 

Il grado di sopportazione dell’italiano nei riguardi della classe al potere è approdato al convincimento che bisogna ricorrere a un “super partes” e indurlo a scendere in campo. Questo è accaduto con Matteo Renzi. Con lo stesso stratagemma c’è chi pensa di ricorrere ad Alfio Marchini, un atteso “nuovo” re di Roma, per capeggiare una “Cosa” che sino a ora non ha funzionato. Si tratta di un personaggio estraneo agli happening politici che Mario Pannunzio, liberale, direttore de “Il Mondo”, battezzò sin dalle origini, nei lontani anni ’50, “buffonismo”. La sinistra, con le sue simulate lamentazioni su Ignazio Marino, ha avuto interesse a tenere lontani i cittadini da insidiosi perché. Perché fu scelto un “provvisorio” e non un talento amministrativo per Roma Capitale? Pannunzio, se fosse in vita, probabilmente svelerebbe l’enigma: si è cercato di spianare la strada a una personalità che potesse far uscire il partito, inesistente ormai da anni come scriveva Leonardo Sciascia, per recuperare prestigio. Si è pensato per qualche tempo di farlo grazie a un non politico, preparato, discendente da una famiglia di “sinistra” che ha reso servigi alla Capitale non privandola di non pochi dispiaceri. Marchini ha corso da solo alla gara da sindaco; è un campione di sport, non un leader della “mazzetta”; sembrava non avere rivali. La moralità pubblica, “Giano bifronte” con una faccia a destra e una a sinistra, si è rivelata una favola; il volto è uno solo, quello dello scambio di favori, secondo la regola delle larghe intese. C’è una sola differenza: la sinistra conserva  la sua arroganza mentre la destra, in cambio, lascia passare la menzogna. “Un abile accaparramento dei mezzi di comunicazione – scrive Jean François Revel nella “Nuova censura” – ci impedirà di contestare questa affermazione!”. La correzione degli errori non produce l’effetto di rendere la sinistra più tollerante; al contrario, giustifica, ai suoi occhi, un raddoppio della loro intolleranza. Intanto il richiamo per la politica si assottiglia non perché sia in aumento l’antipolitica, ma perché l’idea che accompagna questo “buffonismo” è scomparsa. La televisione, chiusa nella gabbia dei palazzi, rivela  le colpe di Salvini al potere dimenticando quelle di chi lo ha preceduto. Ma il teorema che si è messo in moto dovrebbe tradursi in una rivoluzione nel mondo dell’informazione. Con rispetto per la maltrattata nostra cultura, insabbiata dalla politica della sinistra. La gerarchia dei valori in campo nella rete è sempre la stessa. La sinistra perde voti ma non il vizio di credersi nel giusto. Gabriele D’Annunzio con un verso de “La nave”, pensando a Marchini, direbbe: “Non è mai tardi per tentar l’ignoto. Non è mai tardi per andar più oltre”.

MAURIZIO LIVERANI