ATTENTI AL MARZIANO

di Maurizio Liverani

Dal momento che si dà gran rilievo, nella memorialistica letteraria, ai cari estinti, registriamo anche in questo campo una puntuale censura. Mi prendo l’arbitrio di tener desto, periodicamente, il ricordo di uno dei tre o quattro scrittori importanti che la stampa italiana ha relegato nel dimenticatoio. Testardamente, parlo di Ennio Flaiano. Se avesse dato qualche speranza al regime clerico-comunista creatosi nel dopoguerra, l’attuale democratura lo valorizzerebbe perché nei suoi scritti c’è il seme della libertà. Ricordiamo che è nato a Pescara, dove sono chiamati “vitelloni” i perdigiorno che d’estate aspettano l’alba per andare al mare a raccogliere telline, i famosi “paparazzi”. “L’età – scrive Flaiano nel “Diario notturno” – mi ha portato la certezza che niente si può chiarire; in questo Paese che amo non esiste semplicemente la verità. Paesi molto più piccoli e importanti del nostro hanno una loro unica verità; noi ne abbiamo infinite versioni”. La satira è soltanto “Flaiano” e i flaianei, prodotto dell’intelligenza, non della passione. Quando Luchino Visconti accusò il critico teatrale Raul Radice di “scarsa lealtà” per essere piombato in letargo durante la rappresentazione di “Uno sguardo dal ponte”, Flaiano scrisse di essere stato talmente scosso dall’accusa “al punto di non aver chiuso occhio durante tutta la ‘Monaca di Monza’ (film di Eriprando Visconti)”. Il sonno, in sala, era una “deriva di destra”, una forma di fascismo, secondo Il regista della “Terra trema”. Ennio reagì affermando: “Vorrà dire che mi appenderanno come un bue a piazzale Loreto”. Sprovvisto apparentemente di ogni logica, il sonno critico (vessillifero Ercole Patti) è diventato da allora una forma di “nuova resistenza” al dilagante conformismo dello spettacolo italiano. Flaiano ne “Lo spettatore addormentato” spiega che il sonno “in questi istanti ci offre lo spettatore perfetto, unico, ideale”. Al regista Elio Petri, rimproverò di aver dato nel film “Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto” il nome a una guardia (che provoca le risate dell’inquisitore interpretato da Volonté) di Mario Pannunzio, direttore del “Mondo”. “Pensando a Pannunzio avevi voluto sbeffeggiare tutta una classe di persone colpevole di non credere nella repubblica conciliare, la repubblica del doppio dogma, quella comunista  e quella cattolica”. Ecco, in queste poche righe ricordo un grande scrittore e un grande umorista. E’ solo uno spicchio del suo modo di pensare. Ne proporrò altri, se il direttore me lo consente.

Maurizio Liverani