A metà campionato il calcio non merita la sufficienza. I giocatori più valutati, distribuiti nelle varie squadre, al voto della bravura hanno sostituito il voto della furbizia. Nessuno di loro appartiene allo stampo dei “grandi”. L’accoglienza del pubblico è stata entusiastica; a questo dato si attribuisce un notevole valore propagandistico. I sostenitori dell’Inter, dopo le prime affermazioni, gridano che con questo popolare allenatore potrebbero contendere il primato alla Juventus. Conte si è presentato convinto di poter valicare le distanze che lo separano dalla squadra che un tempo allenava, ma dopo le ultime prove è entrato in una fase calante, non ha completato ancora il quadro della sua formazione. Tra le squadre più rinomate non corre buon sangue. Al modo dei predecessori, i loro allenatori spadellano frasi alate; sul campo i loro pupilli non toccano l’alta marea del calcio eccelso. Soltanto la Juventus non ha fatto, finora, brutti incontri. E’ crollato il Torino vistosamente e l’allenatore trova gravoso assumersi la responsabilità del basso rendimento. I commentatori televisivi hanno tutti l’aria di intrattenitori ciarlatani; pretendono il consenso degli spettatori, ma ora i tifosi conoscono tutti i segreti del calcio e sanno selezionare gli uomini delle loro squadre. Alla cultura del lamento, le torri campanarie dell’informazione sono predisposte sin dalla nascita. Il ritornello riproposto è che il calcio italiano si regge soltanto sull’abilità di alcuni giocatori acquistati con cifre da capogiro all’estero. I vivai, che hanno fornito nel passato giocatori illustri, non promuovono abbastanza i giovani di qualità. I veri esperti sono stati ormai inghiottiti dal tempo.
MAURIZIO LIVERANI