CALCOLI NEL CERVELLO

di Maurizio Liverani

 

C’ERA UNA VOLTA… VISCO!

E’ ormai una consuetudine nel Pd prendersela con chi si chiama Visco. Quando era ministro delle Finanze Visco (Vincenzo) fu rimproverato di offendere gli avvocati che hanno smontato il teorema di Antonio Di Pietro e la sentenza Enimont; un’altra volta era stato apostrofato per aver chiamato illustri toghe “bande di penalisti”. Il rimprovero di fondo era quello di non aver imparato che gli ex comunisti debbono avere due facce come Giano: una per gli incauti che votano per loro e una, segreta, che si rivela soltanto nelle riunioni ristrette. Questi, pressapoco, sono i rilievi che si muovevano a Visco, definito “tuttofisco”, pare, da Luigi Spaventa, cui fu soffiato il dicastero delle Finanze. Più appropriata, acconcia e spiritosa sembra l’altra nomea: “Visco ha i calcoli nel cervello”. Lo stesso rimprovero che Jean Paul Sartre, tanti anni fa, rivolse a Nikita Kruscev. Un ministro in carica deve essere sintonizzato con le leggi dell’alta finanza, solo un tipo di questo genere può essere considerato l’uomo giusto per spillare denaro alle tasche degli italiani, pur continuando a guardarlo come un semidio e ascoltarlo con inerte languore, mentre il partito si insalsiccia sempre più nei ranghi dell’alta finanza, promuovendo e licenziando. Negli anni ’70 fu aureolato come grande economista un ex cassiere della casa editrice della stampa di sinistra; si era guadagnato i galloni proponendo la vigilanza fiscale, affidandola, come fece il fascismo, ai portieri degli stabili. Queste brave persone avrebbero dovuto segnalare al Fisco tutti gli sbalzi del tenore di vita degli inquilini e denunciarli alle autorità. La proposta non fu messa in essere, ma fu comunque avanzata. Dopo, molto dopo la presentazione, si individuò l’autore dell’intelligente trovata; appena si diffuse il nome, Peggio -sì, proprio Peggio- il Pci lo giubilò. L’allora ministro delle Finanze schiumò rabbia nel vedere omerizzarsi Carlo Azeglio Ciampi che il suo partito candidava alla successione di Oscar Luigi Scalfaro, mentre a lui, Visco, si lasciavano le briciole, vale a dire gli anatemi che gli italiani gli inviavano da ogni angolo del Paese. A due grandi magnati d’Italia, che esigevano meno tasse, il partito faceva sapere che “Visco non è uno dei nostri, ci è stato prestato”. Se per via del patronimico, Spaventa era stato spedito alla Consob, mettere Visco al Fisco non fu un’idea geniale. Nonostante il cognome, il ministro camminò sulla strada delle tasse come se questa fosse per gli italiani lastricata di petali. Consolidando l’opinione che gli ex comunisti costituivano una macchina onnivora contro la quale bisognava difendersi. C’era chi, appartenendo alla sua corrente, accreditava Visco come un’entità superiore, impenetrabile come chi abbia la testa piena di grandi idee, troppo grandi per essere svelate. Si è passati dall’illusoria convinzioni di essersi lanciati nella dialettica del domani per, infine, accorgersi di essere incapaci di governare correttamente le finanze. In alcune contrade si udivano invocazioni del tipo: “Arridatece Bettino”. C’è da dire che l’esilio favoriva l’idealizzazione. Anche questo fattore “V” va messo nel conto. E’ un elemento così importante che gli allora governanti pensavano non fosse fuor d’opera prenderlo in considerazione. Con l’ottocentesca religione dell’uomo rappresentativo si riprese a guardare Craxi come l’”uomo della provvidenza”. Il ricordo del suo quinquennato, la dignitosa presa di posizione su Sigonella e tante altre prove di come non si lasci mortificare un Paese. Tutto quello che è avvenuto dopo la morte ha conferito all’esule un alone di martirio. Gli italiani hanno capito che è nella Costituente l’origine di Tangentopoli e che nell’arco costituzionale, dall’estrema sinistra all’estrema destra, tutti sono stati e sono ancora coinvolti.

Maurizio Liverani