di Maurizio Liverani
Ogni anno il Festival di Cannes si prepara ad ospitare un film di Woody Allen. Nel 2016 il regista si è presentato con “Café Society” per festeggiare il suo ottantesimo compleanno. Pellicola ben fatta che tratta il tema preferito dall’autore assurto a fama mondiale nonostante il giudizio del grande castigatore del cinema Orson Welles che lo paragona a un “altezzoso demente”. Non c’è da stupirsi. Orson Welles, ricordato per le sue singolari memorie e per i suoi sarcasmi, non ha mai dato alcun giudizio positivo sui suoi colleghi; ha “pietà” soltanto per Charles Chaplin. E’ ormai diventato un gioco di società l’insultarsi, lo sbeffeggiarsi tra i primi della classe del cinema. L’autore del “Quarto potere” raccontò che Adolfo Hitler, dopo aver visto in visione privata il “Dittatore” di Chaplin, era furioso di invidia verso il grande comico per il modo con cui sapeva imitarlo. Pare che per vie segrete chiese a Chaplin consigli per migliorare le sue apparizioni fino a somigliargli nel ruolo di dittatore. Rapidi accenni, segni fuggevoli, tic, tutti provenienti da un’osservazione precisa della propria faccia, furono i suggerimenti dell’attore a Hitler. Ed ebbe un grande successo. Hitler si piacque ma non piacque al mondo nel quale portò distruzione e morte. Woody Allen da un po’ di tempo è affetto da anemie di idee; nei suoi ultimi film, sempre di qualità, parla spesso del tempo che fu; è in rotta con la società e con il cinema che ricorre al surrogato del grossolano e del farsesco. Vero guastamestieri della vita è il cosiddetto “mondo nuovo” dove tutto sta perdendo prestigio e bellezza. Anche il profumo di una delicata poesia. Di questo ci si accorge in quasi tutti i film importanti: è l’ora del crepuscolo. Nella vita d’oggi è subentrata un’eredità dovuta alla mancanza non tanto di un profondo sentimento romantico bensì perché questo grande mito è caduto come uno scenario che abbia preso fuoco e si sia afflosciato e incenerito. Spogliata della sua aristocrazia, anche il sesso perde il fascino fantastico, preludio alla noia e all’inflazione della sazietà. I fautori di questa inflazione ci assicurano che un così chiaro e netto regime di sessi sia un’esplosione di sincerità. E’ un tema molto dibattuto ma alla fine anche noioso. Quando tutto è inflazionato si rivaluta il vecchio romanticismo. Tornano alla mente le parole di Lizzani il quale, appena qualche anno fa, prima di suicidarsi, aveva sentenziato essere il cinema un capitolo chiuso, la ricerca esaurita, gli sprazzi di vitalità fittizi. Allen va in cerca di qualcosa che possa ancora coinvolgerci, quella tenue speranza che mantiene in vita i festival.
Maurizio Liverani
NELLA FOTO: WOODY ALLEN A CANNES CON IL CAST DEL SUO FILM. SULLA SINISTRA, VITTORIO STORARO, AUTORE DELLA FOTOGRAFIA, CON LA MOGLIE ANTONIETTA