FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI
CHE INCRESCIOSA IRONIA !
L’ironia è in crisi, ma molti non vogliono che si dica. Nel 1931, il trentaquattrenne Achille Campanile (foto) prende il toro per le corna e in un saggio-prefazione al primo volume del “Teatro” (ed. Treves) lo risolve con un paradossale argomentare: “Spettacoli all’aperto per combattere la siccità, lasciare agli interpreti libertà di iniziativa, sfruttare la tosse durante i concerti, vendere lo stesso posto a due acquirenti (si creerebbe, in sala, un’atmosfera briosa e battagliera), imporre l’abito da sera e tenere lontano il popolino al quale verrebbe riservata, una volta alla settimana, una serata a prezzi popolari”. Il volumetto, “Poltroni numerati” (edito da “Il Mulino”), è sciabolante di arguzia, satira, beffa e ironia; bisogna, per apprezzarlo, distinguere l’ironia da altre forme di appartenenza similari: l’umorismo, la satira, l’invettiva, la canzonatura, la rampogna. Si tratta di lievi sfumature, di un netto distacco o, addirittura, di un’opposizione. Nell’ironia di Achille Campanile si avverte come una leggera deformazione della realtà, o, meglio, come una luce concentratasi sui punti deboli della realtà stessa, così da coglierne le storture e le manchevolezze; senza tuttavia deprecarla. La vera ironia prende atto di come stanno le cose e ne sorride. Campanile non è stato un duellante che si scaglia animosamente contro l’avversario, non è un moralista che metta alla gogna e neppure alla berlina i peccatori, ma è, piuttosto, un solitario osservatore, senza livore, delle infatuazioni, dei gesti teatrali ed enfatici. La sua ironia non rasenta mai la polemica aggressiva. Sta al di sopra del “fatto” umano; non vuole mutare nulla, anzi, persino si compiace di uno stato di cose che ci consente di sorridere. L’ironia è il frutto dell’intelligenza non della passione. Nel volumetto si ottiene questa “fusione ideale di spirito e di intelligenza”. E’ un tipo di umorismo di cui, in Italia, si è persa ogni traccia. In televisione arrivano fasti grossolani dei giullari con il loro bagaglio inesausto di volgarità. Le invettive tonanti e le insolenze esasperate non sono amiche dell’ironia, ma figlie di fanatismi e di infatuazioni e prepotenze politiche.
MAURIZIO LIVERANI
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GLI AFORISMI DI OGGI, TRATTI DAI LIBRI DI MAURIZIO LIVERANI
L’errore dei cineasti italiani è di aver accettato il “realismo” come principio posto, da un lato, dai partiti e, dall’altro, dal mercato.
Il “tecnico” dovrà frantumare la “statolatria” dominante e sostituirla con criteri liberistici. Il dogmatismo e l’intolleranza ideologica hanno scoraggiato talenti e stimolato la furbizia politica.
Il “sociale” era l’argomento favorito dal cinema politicizzato; sfogo magnifico che ha incontrato il favore dei cineasti privi di talento.
La star neorealistica voleva amori forti, proletari, passionali da scorticamento.