Il liberalismo non può prosperare né a destra né a sinistra; può godere di buona salute stando al centro. Affinché la nazione Italia non si disgreghi si vorrebbe, in altre parole, accelerare la corsa-rompicollo verso quello che i partiti interessati chiamano “compromesso storico”. A sinistra c’è chi procede impetuoso e fa di tutto per far apparire Berlusconi e compagni come ritardatari. Soprattutto Silvio è dipinto come una di quelle cose di cui parla Théodore Rousseau: fanno pensare ma non pensano. Nel partito capeggiato da Nicola Zingaretti si vuole presentare la propaganda del partito avverso nella fase infantile, addirittura nell’incubatrice del confronto politico. La comicità reclama i suoi diritti quando Luigi Di Maio, con quell’aria di prelato protettore di arti medievali, si dimette ostentando un’aura di probità come quella che circonda Biancaneve nella bara di cristallo. Queste dimissioni hanno un carattere amletico; si è tornati indietro di qualche mese quando Di Maio pretendeva di essere il nuovo capo del governo italiano. I grillini, nei loro spostamenti, somigliano a quelle scimmiette che nel circo si spulciano tra un’esibizione e l’altra. Di Maio si attribuisce sostanza e dignità ideologica per trasformarsi in Conte il quale ambisce ad alti incarichi. Matteo Renzi tenta tutti i sentieri come una talpa che crede di sapere dove lo porteranno i suoi sotterranei mutamenti di rotta. Avverte odore di inciucio e dà sfogo a tutta la sua abilità dialettica nel timore di essere preso in giro dai suoi alleati. Con il suo linguaggio disinvolto, ha sempre la meglio sulla sua combriccola. Il suo cervello è pieno di ideazioni a ruota libera che hanno messo in imbarazzo, ad esempio, il conduttore di “Piazza pulita” che rigurgita di un vocabolario di un leninismo con il “servo freno”. Per fare da “pesce guida”, Renzi ha eliminato ogni disposizione alla rissa ma polverizza il contradditore. Soltanto dei politici “andati a male” possono scambiare con lui formule svendute nel tempo e che hanno decretato la fine di diversi capipopolo. Ogni botte, chiunque la spilli, versa il vino che ha. Renzi è già stato battezzato la “spada di Damocle”. Ci si è accorti tardi che la sua vocazione va al di là della mediocrità della vita politica italiana; è riuscito a insinuare di appartenere alla razza selezionata dei geni politici. A questo punto, Silvio Berlusconi ci fa sapere di essere il più intonato con i tempi; improvvisamente si trova in vetta, simile a quei galletti di ferro dei campanili, dritti e impettiti che girano a ogni soffio di vento. Berlusconi si sta rimponendo sulla scena politica con autorevolezza e singolarità; dà fiducia a uomini politici senza qualità, confortato soltanto dalla simpatia che provoca. Vuol essere il grande timoniere del centrodestra. L’insediamento a Palazzo Chigi è l’ambizione di tutti questi leader.
MAURIZIO LIVERANI