di MAURIZIO LIVERANI
COMICI SI NASCE
Scomparsi i caricaturisti e gli imitatori si è tornati, sia in televisione che nel cinema, all’ebetismo che in tutti i tempi ha suscitato compassione accompagnata da ilarità. Più il comico si impegna nell’apparire scialbo più il pubblico, che in lui si identifica, decifra se stesso. Perché gli attori italiani, in questo momento, non stimandosi, non sono caduti in depressione ma, secondo il modulo della “Commedia dell’arte”, fanno della stupida stramberia, accompagnata non dall’imitazione, ma dalle facce assurte a vessillo della risata. Dopo aver riso, però, si compiangono. La vera ironia salva dai fanatismi, dalle storture politiche e dalle prepotenze oratorie. Da noi arriva spesso a esulcerare gli animi, a connotazioni troppo di parte. Mentre l’ironia è una cura necessaria ai popoli ammalati, come il nostro, di retorica. Così si è arrivati alla decadenza del gusto. Anche la caricatura nei giornali asseconda livori e infatuazioni. Per questo rimpiangiamo caricaturisti come Novello e Mosca. La loro arguzia, la loro finezza. La caricatura oggi sembra, invece, il grido di un fucile politico. Totò sopravvive come – gli anni ce lo dimostrano – sopravvive Chaplin: comico più profondo, opera effetto di contrasto, per un’improvvisa, inaspettata manifestazione comica o sentimentale. La comicità alla Chaplin è una forma di stupore tragico ed eccitante. Passata la sorpresa, torna l’amarezza della felicità perduta. E va a cercarla, testardo, in un “altrove”. Nei recenti film comici italiani manca la sorpresa e la rivelazione. La comicità di estrazione televisiva, sul grande schermo, si spegne e si corrompe. Chi riceve dalla natura una maschera invece di un volto può diventare un grande comico, come Totò. Ma non bastano le doti naturali; senza disciplina il comico diventa un automa. Chaplin, Tatì, Totò, così come la coppia Stanlio e Ollio, hanno un’ironia innata. Non offendono, non irritano. Appaiono trasognati e svagati e si lasciano coinvolgere nella derisione del mondo circostante rinchiudendosi nella propria solitudine.
MAURIZIO LIVERANI