di Maurizio Liverani
“Pe’ na testa accussì, caro Marforio, la mejo corona è il sospensorio”. E’ di Trilussa e si acconcia perfettamente a commento della ignobile battuta di Gene Gnocchi che, per strappare un zinzino di ironia da un maiale lasciato morto in strada a Roma, non ha trovato nulla di più spiritoso che coinvolgere Claretta Petacci. Indignarsi con questo comico che ha il volto di una pagnotta rafferma non è proprio il caso. “Un’idea senza posto a sedere è capace di fare la rivoluzione”, diceva Longanesi. Non riuscendo a imporsi alla maniera di Totò e di Sordi, comici dal corto respiro ricorrono a ogni mezzo pur di accamparsi nella cronaca. La loro aspirazione è di conficcarsi nei posti a sedere delle varie reti televisive. Per paura di perderli, annusano “consonanze” in tutte le direzioni; cercano la loro “arca” dove mescolarsi sia a destra che a sinistra. E’ difficile accontentarsi del diploma di comico dopo aver goduto, per breve tempo, del brevetto di rinnovatore della comicità. Pur di avere un ascolto ci si “avvilisce” in spot pubblicitari. Dopo le lunghe, interminabili “coccole” fatte in chiave polemica verso il governo, secondo lo stile democristiano, questi “cavalieri” dalla triste figura sono stati indotti a poltrire. Possono finalmente dedicarsi alle delizie dell’intimità, animati da un aspro sentimento di rivincita. Un sospetto di antropausa ironica, sia a destra che a sinistra, conferisce una carnagione fegatosa a chi si riteneva un gran sacerdote della risata. I politici tristi e avviliti non stimolano caricature e ironie. Da “pappamolla” Massimo D’Alema suggerisce un che di funereo; il candidato premier Pietro Grasso, un bambino invecchiato nel parco giochi del Parlamento. Questa paura di obluminamento personale dei politici induce a ridestare il vecchio livore antifascista. Quasi ogni giorno si ergono a paladini dell’antifascismo convinti che per fare grande politica ci vogliono coscienze di provata resistenza a un destino “cinico e baro”, come diceva Saragat, che li spinge nel dimenticatoio. Non si sono ancora convinti che le loro apparizioni pubbliche avranno sempre più una voce fioca. I pergolati ideologici sopraffini di un tempo si sono eclissati di colpo. L’importante è rimettere tutti gli sdegni alla prova di un unico criterio: il fascismo, non più Berlusconi, è il nemico. Acrobati moralisti arrivano a insultare la povera Claretta Petacci pur di far salire l’indice bilancia della loro notorietà. Si illudono così di rappresentare la parte più onesta del Paese. Sono l’immagine della volgarità imperante. Il moralista “spadaccino” con uno stile secco e con gelida collera è un ricordo lontano. Gli attuali ironisti hanno in testa un caos di idee confuse, ma sempre con un ancoraggio a sinistra.
Maurizio Liverani