di Barbara Soffici
Il giorno prima del voto per l’uscita dall’Europa della Gran Bretagna tutti, anche i mercati finanziari, erano sicuri della vittoria del fronte degli europeisti. Il risultato del referendum ha invece tristemente sovvertito le previsioni, con grosse ripercussioni su tutte le Borse europee, in particolare per la nostra Piazza Affari, scesa ai minimi storici con la perdita di ben 12 punti percentuali. L’intera Europa è destabilizzata, sotto shock per l’incertezza della situazione. Il primo che ha direttamente subito le conseguenze del referendum è Camerun: subito si è detto pronto a dare le dimissioni (senza però presentarle) e a fissare le elezioni politiche fra tre mesi; poi ha congelato l’invio della richiesta di recesso a settembre, mentre i “pentiti” continuano a raccogliere le firme necessarie per indire un secondo referendum, per ora escluso. Intanto la Scozia e l’Irlanda, che erano per il voto favorevole all’Europa, minacciano la secessione. Qualcuno ha sottolineato che in realtà la Gran Bretagna non ha mai fatto parte, totalmente, della Ue; perciò la Brexit è stato solo un messaggio, forte, diretto non solo ai Paesi dell’Eurozona, ma soprattutto alla Germania che non ha mai smesso di imporre le sue regole. Questa Europa egemonizzata dal teutonico interesse ha dimostrato più volte di non essere in grado di superare l’immobilismo, di non voler trattare in parità di condizioni, di non aspirare a realizzare una democrazia dei popoli. Quello che è emerso chiaramente con la Brexit è la totale, inconciliabile divergenza tra i gruppi politici dirigenti, sempre pronti a dare la precedenza alle speculazioni finanziarie, e il popolo, il divario tra i ricchi cosmopoliti e gli operai e contadini. Queste considerazioni hanno moltiplicato le speculazioni sulla necessità dell’esercizio, in tempi di eccezionale crisi, di strategie anti-democratiche (sempre nel rispetto delle regole democratiche, però!?) e sulla “manifestazione di ignoranza” degli inglesi e di quanti vogliono riprendere il controllo del proprio destino, senza peraltro registrare la fragilità istituzionale dell’Europa, con la sua sovranità non condivisa. Fragilità che non permette di superare la stagnante deflazione, né di risolvere tutti gli altri problemi che attanagliano il continente. Bruxelles, irritata, ha dichiarato di rispettare la volontà del popolo britannico, ma si prepara, con vertici anche a fine settimana, a individuare le strategie punitive da adottare, si prepara a ridimensionare i contraccolpi finanziari – commerciali determinati dal risultato della Brexit e, soprattutto, a bloccare un possibile “effetto domino”. In Francia infatti Marina Le Pen ha inneggiato al referendum, al Frexit, per uscire dalla Ue. Anche in Italia Matteo Salvini ha proposto l’abbandono dell’Unione, mentre la Spagna ha dimostrato di non aver sviluppato a sufficienza istanze scettiche nei confronti di questo tipo di Europeismo. Tornando alla Gran Bretagna è chiaro che la vittoria di un partito pro-Ue al voto politico potrebbe rovesciare l’esito del referendum. La partita è dunque ancora aperta, tutta da giocare… Quello che risulta evidente è che Camerun abbia accolto la strategia adoperata l’anno scorso da Tsipras con il Grexit più che per una vera volontà di uscire dall’Eurozona, per bloccare i dissidenti interni del suo partito. Il colpo di mano però questa volta non è riuscito…. Visti i risultati che si ottengono con contorti calcoli politici, forse sarebbe meglio che anche Renzi adoperasse maggiore cautela, rivedendo la strategia che sta portando avanti nella sua campagna referendaria…
Barbara Soffici