COSI’ NON VA PER MOLTI ITALIANI

di Maurizio Liverani

Le premesse del fallimento televisivo sono state poste quando si è pensato di fare gli italiani in serie nel più piatto e controllato conformismo. La tivvù di Stato e quelle private tendono a formare “carne da televisione” -così definisce i telespettatori Aldous Huxley(v. foto)- un tipo di italiano egregiamente preparato alla servitù. Bisogna ammettere che i nostri format sono collocati all’ultimo posto nella classifica di questo tipo di spettacoli nel mondo occidentale. Il “merito” va ai capi struttura lottizzati i quali hanno la faccia tosta di trasfigurare le sconfitte in altrettante vittorie. La trasmissione dedicata al gioco del calcio, condotta da uno scamiciato improvvisatore, dà la  sensazione di vivere in quel beato e tranquillo panteismo che è proprio dell’infanzia. C’è un dio che dispone tutto per il meglio; è il dio della lottizzazione. Gli attacchi del “Corriere della Sera” non possono scalfire questa entità superiore che regola l’andirivieni di dirigenti e giornalisti sulle reti Rai. Il potente apparato che sostiene questa costosa baracca ha designato un conduttore scamiciato e panzuto a blaterare parole incomprensibili sul calcio avendo presente in sala esperti del valore di Arrigo Sacchi e Marco Tardelli. Il momento è difficile perché nei corridoi della tivvù si avverte un certo disfavore verso questi dirigenti i quali, come intellettuali di provincia, sono incapaci di realizzarsi al di fuori dei crocicchi partitici. Pur di riguadagnare terreno sarebbero disposti anche a far sospettare una tara sessuale che, di solito, “coram Freud” si accompagna a rari doni spirituali.  Il pubblico  sta diventando più esigente, rifiuta l’omologazione del gusto verso il basso, cominciata con la nascita della televisione. L’invincibile pigrizia mentale dei programmisti si compiace, invece, di spettacoli in cui ogni slancio intellettuale è dissolto. Questo decadimento è sorto per difendere l’ignoranza, la riscossa dello spirito è lasciata al destino. Come fautore di tirannia, il video è ancora l’oppio degli italiani. Per avere tutto questo si paga malvolentieri e con rabbia il canone.

Maurizio Liverani