DELUSI MA INNAMORATI

FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI

DELUSI MA INNAMORATI

“I politici – scriveva Vittorio Gassman sul “Dramma” da me diretto – continuano a masturbarsi, a rubare o, semplicemente, a esercitare il freddo gusto del potere per conto loro”. Si era nel 1969; il grande Vittorio rimproverava alla politica un già noto tradimento. L’Italia era, per lui, soltanto una immensa “ammucchiata” dove il denaro rende belli, persino intelligenti, persino colti; dove può sopravvivere un dio soltanto con il pugno chiuso. Quando l’ex direttore del “Popolo” (organo ufficiale della Democrazia cristiana) Mario Meloni passò al Pci, firmandosi Fortebraccio sull’”Unità”, a un seminarista, scontento dell’atteggiamento “classista” della Curia romana, rispose: “Scelga, caro amico, scelga, sia sacerdote se a questa missione si sente chiamato, ma stia dalla parte dei comunisti”.

Lo scrittore argentino Ernesto Sabato, autore di “Sopra eroi e tombe”, mi dimostrò, quando lo conobbi, che una vera crisi un intellettuale non poteva averla in modo sincero nel 1956. La sua risaliva al ’35. Quella di Ignazio Silone al ’31. La crisi che seguì i fatti d’Ungheria e quelli di Praga è stata un modo di entrare nelle conventicole politico-mondane della “gauche caviar” che canta “Bella ciao” immaginando un dio con il pugno chiuso. Noi potremmo dire con Cocteau: “Grazie a Dio sono ateo”.

Potremmo affermare che chi ha voluto l’unità d’Italia ha messo insieme tutti i vizi delle varie regioni, aggiungendovi la “mascalzonaggine” tipicamente romana descritta da Antonio Cederna. Il “vero” italiano dolce e arguto esiste soltanto nei romanzi sin dall’unione per attenuare il gusto malsano nel dir male del paese in genere e di Roma in particolare. Gli “italianacci” dovrebbero essere una specialità nostrana ma da quello che sta avvenendo in Europa potremmo estenderla a tutto il continente, abitato da “europeacci”.

Siamo vissuti a lungo nell’illusione che nel mondo il nostro Paese fosse ammirato e invidiato. Spuntano pagine di D. H. Lawrence che in “Mare di Sardegna”, pur elogiando i sardi, accusava noi italiani di essere privi di anima e di spiritualità. Queste note risalgono al 1921; sono lo sfogo di un innamorato deluso.
 
MAURIZIO LIVERANI