di Maurizio Liverani
Negli Stati Uniti nessuna vera differenza distingue i due grandi partiti politici, il democratico e il repubblicano: sono entrambi strumenti di potere, salvaguardia di interessi economici e di privilegi inveterati. Un quinto della popolazione vive al di sotto di quel livello “minimo”, calcolato dagli stessi organi statali. Il cantante Springsteen (foto) è venuto in Italia con le sue belle canzoni e ha ripetuto che il governo Usa spende per gli armamenti quaranta volte ciò che spende per combattere la miseria. Le sue accuse ci ricordano quelle dello scrittore Gore Vidal il quale, a Ravello, anni fa ci disse che quando si arriva alla provocazione di eleggere presidente un uomo come Bush non resta che rovesciare tutto. Il tempo gli ha dato ragione. Ma il più in rotta con la casa madre America è stato Henry Miller (autore dell’”Incubo ad aria condizionata”, morto nel 1980). Ha scritto: “Siamo abituati a considerarci un popolo emancipato, amante della libertà, libero da pregiudizi e dall’odio… Belle parole piene di nobiltà e di idealismo. In realtà siamo una turba volgare e aggressiva le cui passioni sono agevolmente mobilitate da demagoghi, giornalisti, ciarlatani della religione, agitatori e roba simile. Chiamarla una società di popoli liberi è una bestemmia”. La Gran Bretagna, sia con i conservatori sia con i laburisti al potere, lavora a tutt’uomo con la Casa Bianca. Con Tony Blair rappresentava (prima che confessasse le sue colpe nella guerra con l’Iraq) il lato elastico, gentilomesco per ottenere nei riguardi dell’Europa, che non condivideva la guerra, un’attenzione amichevole. L’Inghilterra guadagna di più dalla naturale complicità con gli Stati Uniti che dalla sintonia con l’Ue; questo spiega la famosa Brexit che tanto chiasso fa in questo tempo. La guerra in Iraq -rinnegata ilarmente da Blair – rappresenta il fallimento totale del mondo occidentale. Ha dimostrato che istituzioni come l’Onu, l’Unione europea e il Consiglio di sicurezza sono screditate senza scampo. André Glucksmann, nel suo saggio dal titolo “La stupidità”, scrive: “Non si è mai visto un potente fornito di un grande potere di sterminio che non vi abbia fatto ricorso a spese del nemico meno avvantaggiato”. Il fatto che Saddam Hussein, impiccato, era diventato un nemico avvantaggiato dalle potenze che gli hanno mosso guerra. L’enigma non è più nascosto, per una volta non viene processato il vinto ma si ridicolizza da se stesso il vincitore.
Maurizio Liverani