di Maurizio Liverani
Celebrate le feste nazionali come il Primo Maggio, l’UnitĆ d’Italia, la Liberazione, i politici riprendono a scagliarsi tra loro i soliti anatemi. Passato il trambusto celebrativo dove la pantomima della contrapposizione frontale si trasforma in spirito unitario per il tempo di qualche ora, la predisposizione all’odio dei partiti manovra la lotta parlamentare. Adesso ĆØ in voga la commedia dei nuovi sindaci; un coacervo infernale in cui assistiamo a un crepitio di accuse tra le correnti all’interno dei vari partiti. I loro organi di informazione inconsapevolmente rivelano quanto sia vivo lo spirito di divisione che soffia al loro interno. Va ricordato che l’Italia non ĆØ mai stata una nazione compatta; un leader sconfitto non resta mai nĆ© perplesso nĆ© disorientato; l’autocritica ĆØ una fanfaluca fastidiosa come il bacillo virgola. Chi non accumula voti sufficienti per primeggiare reagisce con un borbottio piĆ¹ o meno articolato annunciando che sul Paese pende la minaccia della reazione. Tutti i candidati si ingannano sulle proprie capacitĆ . Sia nella sinistra sia nella destra, che poi sono la stessa cosa, si ĆØ creato un clima di faciloneria in cui pochissimi parlamentari sono capaci di giudicare se stessi. La sinistra e la destra visti dai loro giornali sembrano un’accolita di indemoniati cui andrebbero afferrati i polsi e infilata la camicia di forza. Con gran faccia tosta, nell’imminenza di un anniversario, silenziano, per il tempo necessario, i loro rancori e si dimostrano uniti nel nome della bandiera. E’ sempre stato cosƬ sin da quando ĆØ stata proclamata la Repubblica. I āvoltagabbanaā sono partiti dai āpresente!ā urlati nelle adunanze mussoliniane per diventare āpresente!ā in ogni fase della storia che credono sempre dalla loro parte. La nazione non si ĆØ mai saldata nel corso del tempo. E’ questo il destino ingrato dell’Italia.
Maurizio Liverani