DI MAIO SCREDITA LA DEVOZIONE


DI MAIO SCREDITA LA DEVOZIONE

di MAURIZIO LIVERANI 

Il rituale politico prevede frequenti sorprese. Che un alleato si erga a pietra d’inciampo del leader dell’alleanza di cui fa parte si registra per la prima volta. Il pentastellato Luigi Di Maio non ha trascurato occasione per sminuire il prestigio del capo della Lega. Per spingere al suo rialzo ha giocato al ribasso con Matteo Salvini. Da quando Di Maio si è candidato a premier, con grande scorno dei suoi compagni, ha spiato i grillini come un gatto che avanza e si ritira. Durante la campagna elettorale ha dato la sensazione che il suo cervello sia disturbato da infinite apprensioni; è afflitto dall’aspro sentimento dell’arrivismo. Ha fatto sapere che è un credente, ma senza l’operazione San Gennaro (il bacio alla teca del santo) temeva di perdersi. Dopo, si è convinto di essere in buone mani; il successo doveva essergli garantito. La teca è alla portata di tutti; è indispensabile, per ingraziarsela, baciarla con particolare fervore. Così facendo si persuase di compiere un balzo sulla buona strada, quello della vittoria,. Da allora ha vinto tante battaglie, ma ha perso l’ultimo scontro. Il suo movimento, in un anno, ha perso il diciassette per cento dei voti facendosi scavalcare persino dal Pd. Mentre Salvini raddoppia i voti, capeggiando il primo partito, prova supplementare che non si può affermare: “la religione è l’oppio dei popoli”, come sostiene Karl Marx e affidare le proprie fortune sottoponendosi al Dio dei cieli. Nella casa dei grillini le tecniche dell’intelligenza sono piuttosto arrugginite. Sul rampantismo di Di Maio si sta accumulando la ruggine della paura. Per entrare nel Pantheon delle divinità politiche non basta essere riforniti dai petrolieri o da altre “entrate riservate”. I parenti politici, che hanno passato e ripassato il capo pentastellato ai raggi X per stabilire se è maturo per pilotare un Paese, sono molto delusi. Lo accusano di far sfoggio di troppa destrezza, di essere intollerante, senza ironia e senza umorismo. L’interessato è da qualche giorno molto allarmato, soprattutto, da quando si è venuto a sapere che le “mosse” propagandistiche erano state concordate; i grillini si sono sentiti presi in giro. Alla maldicenza si è aggiunta la canzonatura. La civetteria di rendere onore a San Gennaro ha svegliato nei rivali il sarcasmo. La novità del M5s si rivela un ritorno al passato. Di Maio si è perso in un arabesco di illusioni.

MAURIZIO LIVERANI