FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI
DICERIE DIMENTICATE
Durante il fascismo il ministro della Cultura era un certo Bottai che, tra hurrà e flebili “Viva il Duce”, ha operato intelligentemente nell’interesse della cultura. Anche Togliatti profittava largamente di scrittori e registi. Non c’è niente da indignarsi alla luce di quello che vediamo. Ai funerali di Gesualdo Bufalino a Comiso nessuna autorità, dal capo dello Stato a qualche leader, ha voluto presenziare. Bufalino non era un “libriere”, cioè non uno scrittore che sta perennemente al crocevia dei premi letterari. L’autore di “Dicerie dell’untore” viveva “annoiato” più che mai dalla risaputa commedia della vita. Soltanto all’idea di dare lustro alle esequie di uno scrittore che non credeva più a niente la “politica” è stata presa dal panico. L’ostilità verso un autentico narratore si manifesta anche evitando i suoi funerali; oppure annettendoselo come è stato fatto con Cesare Pavese dal momento che l’autore del “Mestiere di vivere” è stato smesso come un abito usato. Thomas Mann sosteneva che gli italiani sono degli “spaghettanti dello spirito”; Orson Welles, coniugato con una signora italiana, ci rimproverava di non amare la cultura. Quella che amava Palmiro Togliatti. Il Migliore non è stato soltanto “costretto” ad atteggiarsi stalinista, è stato anche l’uomo che approvò l’articolo 7 della Costituzione italiana e, quando era ministro della Giustizia, deliberò l’amnistia. In cambio di un lungo periodo di pace chiese che fosse respinto il Patto Atlantico. E’ nato allora, o non è nato allora il governo delle larghe intese? Il mio amico Fabrizio Onofri, membro del Comitato centrale, si dissociò dal pci dopo l’invasione dei cingolati sovietici di Budapest. Venne insolentito volgarmente dal Migliore. Allo stesso modo fu trattato Antonio Giolitti. Lo scrittore argentino Ernesto Sábato, autore di “Sopra eroi e tombe”, mi dimostrò, quando lo conobbi, che una vera crisi un intellettuale non poteva averla in modo sincero nel ’56; la sua risaliva al ’35. Quella di Ignazio Silone al ’31. La crisi che seguì i fatti d’Ungheria e quelli di Praga è stato un modo di entrare nelle conventicole politico-mondane, nella gauche-caviar che canta “Bella ciao” immaginando un dio con il pugno chiuso. “Grazie a Dio – ripeteva Cocteau – sono ateo”. Insegna Brecht che lo scrittore deve pensare alla sua opera e infischiarsene dei regimi. L’autore di “Madre coraggio” depositava quanto guadagnava nella Germania dell’Est nelle banche svizzere, non diversamente da quello che fanno i vip dell’intellettualità italiana.
MAURIZIO LIVERANI