DISPERATO UMORISMO

di Maurizio Liverani

Orson Welles nella presentazione del primo libro di Oriana Fallaci – una raccolta di interviste con divi e registi – non si lasciò sfuggire l’occasione, che cercava sempre, di denigrare la cultura italiana. Per lui, Oriana non era che un’arrivista alle prime armi. Il grande regista aveva spesso torto nel giudicare i suoi colleghi, soprattutto americani. Avendo sposato una signora italiana nutriva un particolare astio per tutto ciò che gli proponeva il nostro Paese. Non amava Federico Fellini essendone ampiamente ricambiato. Non si capisce perché nel mondo del cinema, come in quello della politica, denigrare il collega sia utile per conquistarsi i galloni di maestro. Il bellissimo, straziante documentario “Oriana Fallaci, storia di un’italiana” di Enrico Mentana, su La7,  dimostra che il demolire è un vizio nazionale soprattutto da quando la politica ha asservito, per poi “torturare”, l’intelligenza. Mettere in così giusto risalto una figura come Oriana Fallaci, con la sua genialità, le sue stranezze, le sue monellerie, i suoi amori, il suo humour, è un grande merito. Quel grido finale di Oriana: “Io non volevo nascere”, la imparenta a Emil Cioran che nel suo “L’inconveniente di essere nati” afferma, appunto, che la nascita è un atto brutale. E’ un atto imposto da cui non ci si può sottrarre. Rasserenandosi, la Fallaci esce dall’abisso della paura come chi trovi il conforto nel cessato allarme. La morte imminente seguita dal “fuori pericolo”. La vita, come afferma tra le lacrime, ci ha comunque lasciato sulla superficie del globo, tra esseri intellettualmente invertebrati che si fanno guerra su pregiudizi ideologici. A questo punto, sorge una grande simpatia per questa donna che con la sua vita ha testimoniato l’inutilità della stessa. Scrive Cioran: “Una civiltà incomincia a decadere nel momento stesso in cui la vita diventa un’unica ossessione”. L’attività di Oriana è piena di momenti fecondi; con le sue idee ha dato consistenza a un paesaggio anonimo. Il mio ricordo è di una donna incline al gioco intellettuale, alla presa in giro dei nababbi; le feci conoscere, in un lontano festival di Venezia, Ennio Flaiano ed Ercole Patti. Dopo una lunga frequentazione, mi convinsi che era fatta della loro stessa pasta umana. Esistono i problemi ma scatta subito il controcanto ironico. Oriana si batteva per le grandi cause ma al fondo covava uno squisito divertimento nel prendersi gioco del mondo.

Maurizio Liverani