DOPO IL DOLORE, L’INDIGNAZIONE…

di Barbara Soffici

Eminenti studiosi hanno accertato, da tempo, che l’Italia è il Paese più a rischio sismico e idrogeologico dell’Europa. Nonostante questa certezza e il conseguente obbligo al progetto di prevenzione, si continua però a sfidare il fato pur di “risparmiare”…  Questo è quanto già è stato evidenziato dall’agenzia Enea (secondo la quale solo il 30% degli edifici in Italia sono stati progettati e costruiti secondo i criteri salva-vita); questo è quello che sta tristemente emergendo dalle indagini sul disastro prodotto dal sisma che ha colpito ben tre regioni, Lazio, Marche e Umbria.  Gli esperti hanno chiarito più volte che fino al sesto grado di magnitudo un sisma non dovrebbe provocare una tale devastazione. Visti i numerosi casi di crollo dovuti al collasso dei tetti, da subito è stato chiaro agli inquirenti che il disastro potesse essere imputabile anche a una mancata attenzione alle regole, ad una cattiva costruzione delle strutture. Come altre zone ad alto rischio tellurico anche quella recentemente devastata avrebbe infatti dovuto avere i nuovi edifici costruiti secondo le norme antisismiche e quelli vecchi messi “in sicurezza”. Norcia, ricostruita dopo i terremoti del 1979 e del 1997 utilizzando criteri antisismici, nonostante sia stata epicentro di scosse successive alla principale, non è stata infatti sconquassata, ha subito solo “danni contenuti”. Sono partiti, quindi, gli accertamenti sugli edifici privati e pubblici crollati con il terremoto, con attenta valutazione dei materiali utilizzati. Sebbene sia ormai evidente che i calcoli prescritti per i consolidamenti sismici non sono stati rispettati, che nella maggior parte dei casi si è proceduto a realizzare non un vero “adeguamento”, bensì solo “semplici riparazioni con miglioramenti sismici”, le inchieste, trasversali, stanno cercando di stabilire inequivocabilmente quanto gli interventi edilizi, non propriamente a norma, possano aver influito sui crolli degli edifici pubblici e privati, stanno raccogliendo tutti gli atti, controllando i progetti, le autorizzazioni edilizie e i verbali di collaudo, stanno insomma puntando sulle responsabilità, ovvero sui soggetti che hanno commissionato, diretto e collaudato quei lavori realizzati anche con i fondi  che dopo il terremoto del ’97 sono stati destinati alla messa in sicurezza degli edifici. Il quadro che sta emergendo è, a dir poco,  fosco.  La procura di Rieti indaga per i reati di disastro colposo e omicidio colposo; intende sapere con certezza dove sia andato a finire il denaro dei finanziamenti statali e regionali destinati alle opere di consolidamento; vuole stabilire se esistano discrepanze tra i progetti presentati nei municipi e quelli depositati al Genio civile: il sospetto degli inquirenti è che i lavori, pubblici e privati, che hanno beneficiato dei finanziamenti siano stati realizzati in difformità di legge grazie “alla compiacenza di qualche funzionario”. Mentre il  Nucleo Speciale Anticorruzione della Guardia di Finanza continua a raccogliere atti e a ricostruire i passaggi di appalto, i magistrati stanno convocando sindaci, direttori dei lavori e tecnici. E così sono emersi, con i rimpalli di responsabilità, complessi di circostanze paradossali ed aberranti. Come il caso del centralinista dei pompieri (a processo per abuso d’ufficio) che, non qualificato, valutava il “rischio sismico” negli ospedali. O come il caso dell’ex dirigente della Provincia di Rieti (già a giudizio per abuso e falso) che gestiva, con enormi ritardi, i lavori della caserma dissestata dal terremoto. La situazione, se non fosse drammatica per il coinvolgimento di tanti morti, potrebbe sconfinare nel ridicolo. Certo è che il continuo susseguirsi di nuovi scandali sta minando ulteriormente la credibilità delle nostre istituzioni in Europa. Così. dopo i giorni del dolore, della disperazione e del lutto si è giunti a quelli dell’indignazione, dell’amarezza e della vergogna…

Barbara Soffici