DUE FOTOGRAFE, UN DIALOGO

DUE FOTOGRAFE, UN DIALOGO

La Galleria Erica Ravenna dal 5 marzo all’11 maggio 2025 presenta la doppia personale dal titolo Nel paesaggio. Flaminia Lizzani | Begoña Zubero, che pone in un dialogo costante e serrato le opere delle due fotografe. La mostra, a cura di Ludovico Pratesi, sarà inaugurata mercoledì 5 marzo 2025 alle ore 18.30. Alle 19.30 Marco Delogu e Ludovico Pratesi in conversazione con le due artiste.

“È in noi che i paesaggi hanno paesaggio”: la citazione di Fernando Pessoa ben sintetizza il senso profondo di questa mostra, giocata sul dialogo tra due artiste che si esprimono con la fotografia: due sguardi provenienti da contesti culturali diversi, che corrispondono a caratteri e personalità in qualche modo complementari. Ciò che le due artiste hanno in comune, attraverso un uso ambiguo della fotografia, è la visione di paesaggi sospesi nel tempo, di luoghi sedimento di memoria e di storia inabitati ma carichi di esistenza, che sollecitano lo spettatore ad una riflessione profonda.     

Le opere di Flaminia Lizzani (Roma, 1963) sono frammenti intimi, appunti di paesaggi apparentemente anonimi ma in realtà posti in dialogo con la grande storia dell’arte, dai cieli screziati di Turner alla natura esuberante e festosa di Monet. Immagini colte dall’artista in momenti e luoghi diversi tra le strade di Roma – la sua città – alle coste e ai boschi del Lazio, ed accuratamente scelti secondo traiettorie private e solitarie, mappe della memoria che rifuggono dalle tentazioni di una bellezza facile e banale. L’apparente banalità delle vedute e degli scorci selezionati, si trasforma attraverso un sapiente uso della luce – derivato dalla sua solida cultura cinematografica – e li carica di un’intensità delicata e soffusa. Drammatici nei toni chiaroscurali gli scatti in bianco e nero di vedute urbane di una Roma periferica e sempre vuota, dove le forme taglienti delle architetture anonime si stagliano contro cieli illuminati da lampi e bagliori temporaleschi. Immagini sospese in un tempo astratto, spazi metafisici e quasi irreali nella loro misteriosa “astanza”.    “Il lavoro sul paesaggio come spazio interiore mi consente di amplificare l’ambiguità tra fotografia e pittura, approfondendo temi come percezione, realtà e illusione. Utilizzando tecniche miste – macchina fotografica, cellulare e diversi tipi di carte pittoriche nella fase di stampa – amo mettere in discussione i confini tradizionali tra queste forme d’arte creando opere che sfidano la classificazione.” (F. Lizzani).

L’obiettivo di Begoña Zubero (Bilbao, 1962) è audace, esploratore, antropologico, capace di oltrepassare i limiti del lecito per varcare le soglie di territori spesso resi incandescenti e pericolosi dai conflitti e da tensioni sociopolitiche. Nel 2018 ha trascorso due mesi in Iraq per il progetto M/D (Mosul Demolición), che ha dato vita ad un ciclo di immagini denominate NEEEV – Non è esotico, è vitale del 2020: il suo sguardo ha colto immagini e dettagli di edifici bombardati, imponenti rovine urbane, squarci di memorie lacerate. “NEEEV non è un progetto prettamente documentaristico, benché in parte si basi saldamente su questo registro; non si tratta nemmeno di fotogiornalismo, sebbene non avessi mai lavorato con un materiale così vicino a zone di conflitto. Questo lavoro vuole essere un’interpretazione plastica di una realtà della quale ci arrivano, costantemente, infinite informazioni, ma che di fatto è avvolta in una continua distorsione. Un caleidoscopio, dal grandangolo al teleobiettivo, per avvicinare lo spettatore alla sensazione di incertezza e di dualismo di un presente avviluppato in una perversa ripetizione storica”, sottolinea l’artista basca. I suoi scatti, lontani dalla pornografia della tragedia – attraverso l’uso morbido del colore e il fuori fuoco – ci trasportano in una dimensione di soavità e bellezza, presagio di ricostruzione e speranza.  Paesaggio per Zubero – inteso come territorio di identità e memoria – è anche l’architettura di Tempelhof, la stazione dell’aeroporto di Berlino, il Colosseo quadrato dell’Eur a Roma, gli edifici dei campi di concentramento di Auschwitz, il Palazzo della Lubjanka di Mosca: l’architettura del “potere” dell’Europa del XX secolo.  Le sue opere sono presenti nella collezione permanente del MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo a Roma. Il museo, che conserva l’archivio di Enrico Del Debbio (1891-1973), il 22 maggio di quest’anno, in collaborazione con l’Accademia di Francia – Villa Medici, presenterà un progetto espositivo dell’artista a cura di Ariane Varela Braga, incentrato sul ruolo del marmo come materiale nella cultura architettonica italiana, con particolare attenzione all’opera del grande architetto.  

Galleria Erica Ravenna – Via della Reginella 3, Via di Sant’Ambrogio 26, Roma  Tel. 06 3219968  https://ericaravenna.com