di Maurizio Liverani
Le star italiane, in questo momento, non hanno più il valore che avevano al tempo di Anna Magnani. A ricordarcelo è uscito una bellissimo libro, “Anna Magnani. Biografia di una donna” (Ed. Odoya), scritto da Matteo Persica, un giovane che ha dedicato molti anni nella minuziosa ricerca di episodi della vita dell’attrice per offrircene un ritratto completo che fino a oggi è mancato. Il silenzio che è calato sull’interprete di “Mamma Roma” di Pasolini e di ”Roma città aperta” di Rossellini ha il sapore di una congiura. Nella mia prefazione al libro scrivo che di Anna è stato dato spesso un ritratto convenzionale “collocandola tra le star che non potevano assurgere al livello del mito perché troppo umana e poco carismatica”. Aggiungo: “Anna, più che una diva è l’essenza di qualcosa di misterioso”. Persica la definisce “una donna fragile”; è una caratterizzazione geniale. Nel mondo del cinema internazionale Nannarella ha una valutazione di gran lunga superiore persino a Greta Garbo. Noi l’abbiamo apprezzata e richiesta come una personalità dal temperamento italiano, nei ruoli di donna istintiva e impulsiva. Le dive che si sono imposte sono andate incontro al suo modo di consolarsi di tanti rovesci, di molte umiliazioni, di molte imparità nel cui conto bisogna metterci anche un gran numero di ingiustizie. Il pubblico l’accetta (anzi, l’accettava) non come una “vedette” ma come un’attrice torturata dal mondo in cui era capitata a vivere. Sin dal film “Roma città aperta” si intuì che non era nata una vamp alla Lollo o alla Loren ma un’autentica creazione umana. La sorreggeva un eccezionale senso critico; aveva una personalità che allarmava i registi i quali, in Italia, sul set temono sempre la contestazione del divo importante; ne sa qualcosa Rossellini. Lo stesso destino appartiene a Silvana Mangano. Di lei De Sica diceva: “Nella sua carriera Silvana è stata impiegata male, film sbagliati e personaggi non giusti”. Fellini l’ha inseguita per la “Dolce vita” e anche per “Otto e mezzo”, ruoli che andarono invece ad Anouk Aimée. La predilezione del marito di Silvana, Dino De Laurentis, per i “kolossal” intralciò la sua carriera. Ricordando i suoi film e soprattutto il personaggio di Edda Ciano nel “Processo di Verona”, tutta la vita della Mangano appare come una preparazione, invano avversata, a tante angosce.
Maurizio Liverani