di Maurizio Liverani
Siamo condannati a vedere un futuro che sarà la ripetizione del passato. Con l’Unione ci era stato promesso che, finalmente, l’Europa perdesse di colpo tutti i suoi connotati, e non che la casa comune europea dimostrasse la gracilità di una palazzina alla periferia. Gli Stati Uniti, con Donald Trump, stanno, invece, attuando il disegno di sempre: dividere e indebolire l’Europa. La casa comune appare come l’uccisione dell’ideale europeistico: l’eutanasia dell’Unione Europea. Se sopravviverà, sarà soltanto per ragioni finanziarie. Prendiamo, giorno dopo giorno, atto dell’impotenza delle democrazie del nostro continente che non sanno replicare ai colpi del “disfattista” Trump. Quindi, scacco matto a una unificazione nella quale, faticosamente, ci illudiamo di essere entrati. Il nostro continente si dimostra, proprio in questi giorni, di essere un castello di carte. I profeti di questo ideale sono addirittura dileggiati, oltre che essere inascoltati. L’inconcludenza della nostra politica fa trovare il meglio della nostra industria in territori solo apparentemente amici. Si fa strada la convinzione che la nostra democrazia ha nel suo dna il gene dell’autodistruzione. Gli alleati dell’UE non sanno reagire perché non sanno rispettare l’uno il punto di vista degli altri. L’Italia è sola; non gode neppure della “sovranità limitata”. Il bluff dell’Unione è ormai evidente; gli indici economici non sono positivi, mentre quelli degli Usa lo sono ampiamente. L’Europa è condannata a essere subalterna e disunita come nella gestione del giornaliero approdo dei migranti. Uno storico giapponese aveva previsto la “fine della storia”. Un altro esperto di diagnosi precoci ha previsto la fine delle ideologie. I cervelli aguzzi dell’UE da tempo denunciano il lato vulnerabile di questa negatività. Qualche diabolico cecchino come Jean Baudrillard inverte questo illusorio cammino con “l’illusione della fine” in cui si nega la fine. Bene che vada, l’umanità è condannata a conoscere nel suo futuro la ripetizione del passato. Secondo la nota equazione di Marx gli avvenimenti si riproducono in chiave di commedia. Baudrillard smantella questo postulato caro ai marxisti; non lusinga neppure gli idealisti che confidano sempre in un mondo nuovo, in un’era novella, rinnovata. “Occorre abituarsi all’idea che non c’è fine, che non ci sarà più fine, che la storia (con i suoi orrori, ndr) è divenuta interminabile”. Le guerre, le crisi, le peste finanziarie, gli olocausti continueranno a dispiegarsi. Il superamento delle crisi internazionali dimostra che al suo nascere l’Europa è già un vuoto simulacro. Continuerà a funzionare su motivi economici, buoni per banchieri e padroni del vapore; ma l’Europa unita è ormai privata della sua essenza, del suo valore. Gli Stati non sanno gestire, fuori dei crocicchi finanziari, una realtà alla quale non credevano e alla quale, volontaristicamente, hanno voluto dar vita. La storia prosegue nel vecchio continente con le vecchie divisioni causa di due massacri in un secolo; prosegue con l’imbrutimento del mondo, con la devozione alle stesse ideologie con scenari da “guerra fredda”. Le guerre nel mondo dimostrano quanto siano profondi i solchi tra le sponde dell’Atlantico e anche quelle della Manica. La storia corre, ma non nella direzione dei padri fondatori dell’Europa unita. Il connotato del futuro è la fotocopia del passato. L’Italia si è sacrificata per l’Europa e ora si trova sempre più spesso sola, senza alleati e senza lo scudo statunitense. George Orwell ci aveva messo in guardia per tempo: “Siamo sprofondati in un tale abisso che la riaffermazione dell’ovvio è diventato il primo dovere dell’uomo civile”.
Maurizio Liverani