di Maurizio Liverani
La politica è sempre stata considerata, dagli inetti e dagli incapaci, come un’assicurazione per la vita. Ci si colloca in posti spesso non prestigiosi, l’importante è arrivarci; facendo leva su qualche cognizione, ma, soprattutto, sulla gloriosa “spinta”. Per atteggiarsi a personalità che conosce i problemi basta un dizionarietto e tutto trasformare in utile, prima per se stessi. Dimostrare di essere inclini al bene facendo intendere che è facile anche patteggiare con il male. C’è pure la figura del politico buon uomo che ha conosciuto fasi amare e difficili. All’ingresso del palazzo del potere se ne vedono molti. L’atteggiamento deve essere quello di chi si è dedicato a varie credenze ideologiche e deve differenziarsi dall’aggressivo e dal bilioso. Questo non è che uno schizzo del cosiddetto deputato italiano. Per chi vuol vivere e avere la borsa sonante la regola è di rispettare il concetto che il professionista della politica è diverso e superiore agli altri. E’ d’obbligo stare a ridosso dei poteri forti e nell’arena politica apparire torero prudente. A questa ritrattistica si sono attenuti soprattutto i comunisti. I cattocomunisti osservano, invece, una scrupolosa sudditanza ai principi della religione. Tra questi, infatti, si trovano i più torturati dalla coscienza, ma i più incapaci a usare la mente. La duttilità diventa la loro forza e compongono un’immagine rassicurante dal volto umano; un modo ghiotto per accattivarsi l’avversario. La regola è di dirsi al massimo democratici. Nella testa degli umani non c’è gran differenza tra destra e sinistra. Per Jean-François Revel è una iattura che colpisce sia la platea che il loggione; fa soltanto il solletico a quei poteri forti interessati alla sintonia. I condottieri dei sindacati oscurano con astuzia problemi culturali nel timore che nelle casse craniche degli operai entrino pensieri non in accordo con l’egemonia salariale. Il politico tecnocrate sfugge a tutte le categorie politiche; ideologicamente è invisibile. Segue i dettami dell’efficienza e ostenta una spiccata indifferenza, a metà strada tra noia e fastidio, per le “lacrime e sangue” prodotte dalle stangate. Quello che conta è la “logica conseguente”. In questa fase storica siamo sottoposti, inconsciamente, a una trasformazione intellettuale.
Maurizio Liverani