I “COATTI” DELLO SPORT”
Dovremmo tutti indignarci per un’espressione usata da un allenatore di una squadra di calcio, aggravata di materia e di intenti. In altri termini: le parolacce, gli insulti, le descrizioni troppo cariche e spinte offenderebbero o sarebbero addirittura controproducenti. Gli ingenui che si gonfiano la bocca con le parolacce, secondo alcuni, non fanno altro che distruggere in nuce quegli stessi effetti che si proponevano di suscitare. Un tempo una sequela di insulti indirizzata all’avversario era riassunta nel termine “moccoli”. Oggi, queste locuzioni non sarebbero aggravate di intensità. Chi ne facesse uso con ostentazione apparterebbe ad anni e anni passati; non avrebbero alcuna carica. L’espressione usata nella partita Napoli – Inter è più grave perché esprime un concetto che offende l’avversario come persona. E’ sportivamente inutile. L’offeso, invece, si sente trattato con favore; dà vita a una plateale gazzarra; richiama l’attenzione delle grandi autorità sportive. Consente a penne illustri di intervenire sul tema della moralità pubblica, della decadenza dei costumi, di inserire nella contesa ardore politico. Negli stadi, con il suo gergo, con il suo linguaggio spiccio l’uomo del nord trova risorse per spregiare l’uomo del sud. Diciamolo pure, ai “coatti” questa roulette degli insulti sotto sotto piace. I “coatti”, però, sia al sud che al nord sono quelli che animano il sottobosco del gioco del calcio, con la variopinta canaglia di sbruffoni e di spacconi. Sia quelli del nord che quelli del sud a mente fredda saprebbero riconoscere nel loro comportamento un minimo di riflessività. Si considerano alla stregua di attori dialettali, pura astrazione comica. In politica sarebbero personaggi secondari; nel cinema potrebbero diventare personaggi principali. Tutti i “coatti” esistono e basano la loro consistenza su una certa mediocrità umana. Le possibilità che hanno di rappresentare una scadente realtà, nella quale siamo (coatti o no) immersi sino al collo, sono infinite, tanto da poter pensare che i “coatti” sono la nostra vera essenza.
Maurizio Liverani