di MAURIZIO LIVERANI
“La nascita è la più atroce delle calamità”, lo scrisse il giornalista e scrittore statunitense Ambrose Bierce (nell’immagine), vissuto a cavallo dell’ottocento e novecento; autore di satire e racconti macabri sullo stile di E. A. Poe. Si era aggregato in Messico, nel 1914, alle truppe di Pancio Villa. I suoi giudizi sono feroci. Sono pochi gli italiani che lo conoscono. Sosteneva che la procreazione sia un atto antidemocratico in quanto avviene senza aver prima consultato il nascituro. Un pensatore che vede un mondo sazio di natalità incappa in tutte le censure. Per venire a noi, Mussolini aveva imposto una tassa a chi si rifiutava al matrimonio e quindi alla procreazione. La copulazione preparava la famigerata “carne da cannone”. Stalin era dello stesso avviso. Non Mao, che era contrario alla sovrappopolazione. Oggi, la Cina invia all’estero lavoratori soprattutto in Europa. E’ un fenomeno questo che dura da anni; le nostre autorità se ne sono stupite soltanto dopo la moria di lavoratori in una fabbrica-carcere di Prato, situazione nota a tutti. Nel saggio sul “Principio della popolazione” Malthus precisa che la crescita della popolazione avviene in proporzione geometrica. Di contro, i mezzi di sussistenza, nella migliore delle ipotesi, in proporzione aritmetica. La sproporzione è diventata, oggipiù di ieri, opprimente attraverso carestie, epidemie, emigrazioni e guerre. Senza quasi rendersene conto, ma cogliendo le notizie dal mondo come segnale d’allarme, gli italiani si stanno votando al malthusianesimo. Se la disoccupazione, alimentata dalla peste economica, produce un insufficiente livello di domanda, provoca l’aumento dei cassaintegrati, dei senza lavoro, dei precari. Non c’è partito che possa invertire la rotta; se sostiene di poterlo fare è in malafede. Le analisi marxiste sono ormai fuori tempo massimo. L’italiano si affranca dalla speranza del futuro che una volta lo affascinava; ora si accontenta di tenersi lontano dalle false illusioni e, insieme a Goethe, conclude che il “senso della vita risiede nella vita stessa”. Il paradiso può attendere.
MAURIZIO LIVERANI