di Maurizio Liverani
Gli italiani hanno ormai acquisito la certezza che chi fa avanzare il mondo sulla strada della democrazia sono le personalità. Definendosi di “sinistra”, il parlamentare marionetta crede di godere di maggior credito del parlamentare che si definisce di “destra”. Matteo Renzi, indicando Sergio Mattarella per salire sul podio, ha dimostrato di essersi accorto della svalutazione che ha colpito i partiti e della rivalutazione della personalità. E che gli elettori sanno ormai che i concetti di destra e di sinistra non sono altro che termini cui non corrisponde alcuna realtà. Soltanto le individualità possono costituire realtà concrete. Con il suo intuito indiscutibile, Renzi ha capito che l’uomo indicato a coprire la maggior carica del Paese non poteva appartenere né a un singolo politico della sua parte né a un contraltare dell’altra parte. L’ex segretario del Pd, pur essendo giovane, si è arricchito di un’esperienza sul valore dell’uomo, sulla caratura della individualità. Mattarella non lo vedeva nel quadro della sinistra e, in piena depoliticizzazione, neppure a quello della destra. I pregi dell’una e dell’altra parte sono nominalistici, convenzionali, solo di nome. Se guardiamo bene nel panorama politico italiano bisogna ammettere che non vi è nessuno dotato di forte impatto. Matteo Renzi è andato per le spicce; non ha avuto bisogno di fare appello a nessun “conclave” per designare quello che per l’Italia è il Papa. Per buttarla nel filosofico, Auguste Comte (pensatore e sociologo francese considerato il padre del Positivismo) metteva la sinistra dalla parte del corpo, cioè del materialismo contrapposto allo spiritualismo; da questo stadio materialista si passa a uno stadio successivo in cui la società si fa più complessa per cercare un orientamento. Mattarella, oltre ad aver studiato a fondo lo spirito del fratello ucciso dalla mafia, ha trovato affidabilità nell’opinione pubblica, prendendo atto che i partiti si logorano, si disorientano, designano a fatica qualcosa di positivo e alimentano soltanto le paure accentuando una caduta. Esponendosi al rischio dell’impopolarità e a quello della vendetta (che lo ha colpito mesi dopo), Matteo Renzi ha dato il sopravvento alle sue convinzioni. Se anche nella scelta del capo dello Stato si continua nella contrapposizione destra e sinistra, sul Colle sarebbe andato un personaggio scolorito, senza autorità. Dopo queste considerazioni, grazie a un’accurata analisi, Renzi ha proposto una figura apparentemente indecifrabile, ma adatta, in caso di necessità, a raddrizzare la barra della barca allo sbando. La conferma l’abbiamo in questi giorni; Mattarella rivela l’autorevolezza di chi crede ancora nella possibilità di dialogo, inducendo i partiti ad uscire dallo stato confusionale e andando oltre il limite che credevano di avergli imposto. Solidarizza con la gente che vive di stenti e non con chi vive solo di giochi partitici. Ha rinvigorito l’autorità della presidenza della Repubblica. Questa prima importante vittoria che mette da parte le schermaglie dei partiti è un punto a suo favore. Contro chi lo ha proposto si scagliano tutti gli anatemi come nella commedia all’italiana dove elementi sinistri e aspetti farseschi si combinano insieme.
Maurizio Liverani