Fino a qualche tempo fa gli italiani si chiedevano: “Come andremo a finire?”. Nel mare delle negazioni gli esperti galleggiavano con titoli come “Naufragio della speranza”, “Strage delle illusioni”, “Morte delle ideologie”. L’integrato ha una sola versione della “fine”: sopprimere l’altro integrato con l’apocalittico che, come le stelle, sta a guardare. La fiducia nell’avvenire è caduta perché le ideologie se le sono aggiudicate come surrogato della fede, trascinando nel fallimento universale quella parte della Chiesa caduta nel trabocchetto del “compromesso storico”. Oggi sconfessato da chi, per anni, ha tenuto lontano i cittadini da insidiosi perché. La domanda più insistente è, non tanto scherzosamente, questa: “Dove è andata a finire la fine?”. Finalmente il cittadino ha una risposta plausibile con la fine delle ideologie. Neanche un indovinatore geniale dei tarocchi che sa analizzare i fondi del caffè e trarne lumi come faceva Lenin saprebbe contro chi puntare l’indice. Sono state tentate tutte le più profonde analisi per trarne una spiegazione. Niente da fare, chi non è spiritoso guazzi pure nel mugugno e nel lamento; la riposta più sensata la troviamo nella precisa, dettagliata ispezione di questo immenso ammasso chiamato mondo in un libro, che non ci stancheremo mai di segnalare, dal titolo: “L’inconveniente di essere nati”. La causa è stata individuata dai catastrofisti, dai nichilisti, dai non credenti nella leopardiana inutilità del tutto. Un’oscura benevolenza, che è nell’aria, ha tenuta accesa, fino a ieri, qualche speranza. Il nulla è benevolo verso il popolo, ma con la benevolenza che si ha per i selvaggi. Il corso della storia non segue la volontà di nessuno. La politica è la più sprovvista di dare spiegazioni; la Chiesa è benevola per interesse. Illustri scienziati hanno più volte dimostrato queste verità, soltanto le religioni e i partiti hanno interesse a tenere in piedi la menzogna. Si cercano tutti i diversivi per non ammettere la bancarotta; soprattutto i politici, restando in Italia, difendono le falsità. Con espressioni come “le lancette della storia non tornano indietro” il repertorio dei luoghi comuni del vitellone della politica non tornerà mai indietro. Per sostenere queste fanfaluche parlano di un avvenire che ogni giorno abbiamo alle spalle. Terremoti, eruzioni vulcaniche e altre consimili catastrofi appaiano in una luce smorzata come nel fondo opalino delle acque. Fiducia e speranza sono parole vuote secondo la tesi del segretario di Kierkegaard: “Nulla è più reale del nulla”; nulla e realtà sono sinonimi. Non angosciamoci. Questa tiritera non avrà mai fine.
Maurizio Liverani