di MAURIZIO LIVERANI
“Ci siamo liberati degli snob”; con questa crudezza è stato sintetizzato il provvedimento che ha, in pratica, radiato dal partito della classe operaia gli snob. Aperturismo, pluralismo, snobismo sono ciance di nebbia per ingannare gli avversari e basta. La liquidazione del drappello di gauche-caviar è stata accolta come un salutare segnale di rinascita in alcuni clan del Pd. Per anni il Pci si è portato addosso iscritti fedeli allo snob-leninismo. Compagni lavoratori e impiegati non sopportavano più il piglio aristocratico di questa spocchiosa frangia del partito. Il compagno di base ha sempre tratto un odio feroce verso chi, oltre ad essere bello e alto, è cresciuto in ambiente aristocratico ed era un ardente paladino, in maniera elegante e con gusti raffinati. Con puntiglio aristocratico, questi orgogliosi compagni hanno sempre dato sui nervi agli arrivisti esasperati di essere considerati zero. Tipi come questi aristocratici piacevano a Togliatti perché i suoi gusti erano di estrema eleganza e, soprattutto, un tantino misteriosi; e questo conferiva al Migliore un prestigio indiscutibile. Appartenere al partito aveva un senso; voleva dire avere una inconfondibile patina di alta intellettualità, spregiosa e altera, da scolari di prima classe. Vivo Togliatti le anime, ripetevano i mitomani, a contatto con lui si purificavano e si disciplinavano. Le vestali del verbo marxista alla fiamma di Togliatti si erano accese. Che spocchia e altezzosità inalberavano nelle redazioni dei giornali di sinistra! E che piglio autoritario avevano questi appartenenti alle élite del partito. Il partito si inghiottonì delle grazie indiscutibilmente di prim’ordine delle “pasionarie”, della loro eleganza, del loro modo di vita in abitazioni scovate, anzi, ereditate nelle superstiti fette della vecchia Roma, con stanzette felpate, silenziosi passaggi, cassettoni Luigi Filippo, qualche consolle alle svolte dei corridoi e vecchie cameriere. In virtù di queste predilezioni, il comunismo è stato, con Togliatti, in continuo incremento tra la borghesia “bene”, soprattutto romana. Il Migliore stesso, grazie al mito dell’”uomo di cultura”, offriva la calamita del suo fascino, del suo stile secco e pacato con improvvise, calcolate accensioni; non alieno da una certa sbracatezza e volgarità, attraverso la quale rivelava, probabilmente, la sua vera natura. E’ con questi trucchi, con questo impomatarsi il viso di liberalismo che riuscì a sottrarre molti giovani “bene” ai liberali e ai radicali. Tutti gli scintillii sono finiti alla sua morte; a governare la nave pletorica del Pci erano rimasti i gaglioffi, coloro che Togliatti disistimava profondamente. “Chi li ha visti tra le dame facendo gli amori, vede tanti porci fiutar rose in un giardino”; l’immagine dell’Aretino si attagliava bene ai nuovi califfi del Pci. I compagni snob vennero richiamati a una interpretazione più rigorosa dell’ideologia. All’atteggiamento snob subentrò quello operaistico. Finiti gli schiamazzi e lo stile gauche-caviar, il partito cominciò a declinare.
MAURIZIO LIVERANI