FATEMELODIRE
di MAURIZIO LIVERANI
FRA CULTURA E CANZONETTE: AVVILIMENTO CONTINUO
Ci piaceva il Grillo alla Ionesco, ora non c’è più. Il comico genovese conosce ogni tic di tutti i nostri parlamentari; ha visto l’aula di Montecitorio come un isolotto popolato da indigeni selvaggi. Si è eclissato proprio quando i politicanti, con il contagocce, danno vita alle ultime stille di vitalità. L’occhio di Grillo era più penetrante, più ostinato a dirigere questa plebaglia sempre più goffa anche nelle nuove leve. La timidezza vergognosa dei neoeletti è divenuta presto protervia e arroganza; mai prenderà il volo.
I nostri attuali governanti sembrano non in grado di capire e di spiegare; prendono decisioni senza accorgersi che la casa brucia. Tutti usano le stesse formule, lo stesso lessico senza rispettare la sintassi e la buona dizione.
Bruno Vespa ha scritto con molto pathos su Oriana Fallaci. Un omaggio obbligatorio, ricorrente fra i giornalisti ben collocati per restare aggrappati a un vantaggio duraturo e per godere i favori di una opinione pubblica.
Federico Fellini, morto da anni, da anticomunista è trattato come gonfaloniere della bandiera rossa. Si segnalano altre conversioni di convertiti da tempo nella bara. Ecco perché alle prime avvisaglie di raffreddore, oltre a coprirsi, è bene declinare su carta bollata fede e idee professate.
Leggere, ad esempio, l’Aretino è una conversione alla gioia. Ne hanno fatto l’Anticristo in persona perché scrisse sonetti lussuriosi, apprezzati da un letterato raffinatissimo come Guillaume Apollinaire. Definito anche “flagello dei principi”, l’Aretino levò fulmini sulle teste più alte come sulle più alte montagne. Nei “Sonetti lussuriosi” è rispettata al massimo grado la prosa “argutetta e saporosa che disfogata la collera indulgenziava”.
“Umberto D”, il film più bello di Vittorio De Sica, osteggiato dalla sinistra e dalla Chiesa, fu subito ritirato all’ingiunzione di Giulio Andreotti secondo la quale “i panni sporchi si lavano in casa”. Per non riproporre i vecchi, grandi film neorealisti ci sono i nuovi oppressori: quelli che hanno capito che tra l’esercizio della cultura e quello dei canzonettisti, in gran voga sul video, c’è una insuperabile incompatibilità.
Una risposta indiretta la potremmo trovare in queste parole di George Orwell: “Non è ben certo che il totalitarismo eserciti sulla poesia un effetto mortale quanto sulla prosa”. Il cantante più facilmente si accorda con una società chiusa alla diffusione delle idee.
MAURIZIO LIVERANI