FUMO NEGLI OCCHI

di Maurizio Liverani 

I vitelloni dei nuovi partiti hanno tutti i tratti di chi, non avendo voglia o capacità di studiare, ha scelto l’impiego più semplice: il moralista politico che si scaglia, in nome di una onestà violata, contro i politici tramontati e pretende di prenderne il posto. E’ questo il fumo negli occhi del M5s. A favorire la sua ascesa sono stati gli italiani stessi per il gusto della novità e per mettersi contro i partiti tradizionali che con le loro beghe hanno intorpidito il cervello di intere generazioni. Uscendo dal purgatorio del vitellonismo, i novellini credono di essere entrati nel paradiso dell’impegno politico. I motivi di questa blanda esplosione sorretta da milioni di voti sono molteplici. Dopo giorni di confuse trattative si fa strada il sospetto che moltissimi italiani stiano ritirando il credito accordato loro troppo ingenuamente. “A voli troppo alti e repentini / sogliono i precipizi esser vicini”; è del Tasso, ma riflette l’ascesa immeritata del grillino Luigi Di Maio. Si delinea all’orizzonte l’irreparabile rottura tra questo movimento e il suo leader; i fondatori si sono, per il momento, allontanati. Ormai Beppe Grillo è un fuoco senza fiamma. Nessuno vi si vuole riscaldare. E’ un grillino fuori moda, placato, inservibile; non si confessa vinto perché da spettatore vuol essere presente alle manovre degli “scaldini” che è riuscito a mettere in campo. Si considera un vulcano e non vuol essere coinvolto in una eventuale sconfitta. Gli italiani fanno presto a stancarsi delle voghe e sono pronti a metterglisi contro. Una cosa che non “va” più affatto – e di cui si arrossisce – è di ammettere di essere un politico impegnato. Si arrossisce anche di essere elencati sotto una protesta o un manifesto, soprattutto da quando il fisco rivolge indagini sui protestatari titolari di ville oltre a cospicui conti in banca. Le cosiddette “scelte di fondo” sia di destra che di sinistra hanno spalancato nel Paese un abisso di noia. Nella babele di Tangentopoli la “scelta di fondo” è stata questa: la cieca ferocia degli squali. Gli italiani non si lasciano più intronare dalle frasi a effetto come, ad esempio, “la dialettica del domani”. Ormai la piovra postcomunista, in maniera felpata e con ben dissimulata protervia, è giunta agli estremi ultimatum. Dopo aver catturato banche e case editrici, giornali e l’informazione televisiva con i suoi infiltrati ha buon gioco a irretire i novellini della politica con il suo fregolismo. L’Italia con questi partiti è una balena arenata. Le polemiche sono accese pur essendo in via d’oscuramento. Abbiamo un regime elaborato da Gramsci in senso culturale e ideocratico; l’egemonia delle classi agiate purché il Paese non esca dalla serra dello status quo. L’italiano ne è cosciente sino alla disperazione. Un tempo questo stato di cose veniva chiamato “democratura”, una “crazia senza demo”, come diceva Nenni. Chi non riesce ad adattarsi a questo stato è accusato di fascismo, con slogan logorati dall’uso scriteriato, ma che ora viene rinverdito essendosi offuscata l’accusa di “berlusconismo”. I fini polemici cambiano a seconda del momento.

Maurizio Liverani