Il macchinone dei politici di Montecitorio macina da più di settantanni milioni di euro. Continuerà instancabilmente, indefinitivamente purché non lo blocchi un rifiuto al referendum. Se continuerà questo andazzo la decomposizione dello Stato sarà inevitabile. Pieno di inventiva per tutto ciò che concerne i propri interessi, il politico italiano diventa aspro e nervoso quando questi non vengono lusingati. Lo svilimento di questa pseudo democrazia corre veloce sulla via sicura del nichilismo. Il pericolo che il cambiamento avvenga è di avere uno Stato governato da un uomo solo. La definizione esatta di chi vuole scongiurarlo è “deriva autoritaria”; una iattura segnalata da chi ha tenuto per anni le redini dei governi precedenti. Anche oggi, con la destra che conta un cartoccio di lupini, si pone tra gli antirenziani. Il premier, si sa, vuole il cambiamento a tutti i costi; male che vada meglio “un uomo solo al comando” che centinaia di sbafatori di denaro sottratto alle nostre tasche. Per colpa della loro avidità l’Italia conosce soltanto guai ed è ben lontana da essere una vera democrazia. E’ uno spettro che sopravvive artificiosamente sotto una tenda a ossigeno, implorando “autoritariamente” contributi dall’estero. Alla scuola dello stalinismo questi politici hanno imparato a trattare i propri affari credendo di nasconderli con un pretesto ideologico. Come è nato questo personaggio stalinista tipicamente italiano? Il suo stampo si è formato nei brevi e convulsi anni del dopoguerra quando il partito comunista, non potendo attuare la rivoluzione, recitò più parti per impadronirsi di tutte le eredità d’Italia. A quei giovani che chiedevano un tessuto ideale, il cattocomunismo offrì mille travestimenti, tutti spiegandoli, chiarendoli, sulle tavole dell’ideologia e della religione, cercando di farli collimare con la dottrina. Tentarono la carta cattocomunista giovani con vocazione liberale, cattolici, fascisti e persino monarchici. Per Togliatti questa marmitta, racchiudendo tante ideologie, era una sorta di xilofono con cento suoni per tante orecchie diverse. C’era posto per tutti: letterati mediocri, scrittori compromessi con il fascismo, voltagabbana di tutte le specie, protestatari senza talento come quelli che vediamo infestare le vie e le piazze. Si è capito troppo tardi di essere caduti in un grosso equivoco. I più sani si sono ribellati in tempo, mentre lo stalinista, non soggetto a crisi, si è dimostrato capace di mille giravolte. Tutta questa pagliacciata non poteva certamente creare un rinnovamento ma soltanto uno svilimento. Invece di aver disancorato le nuove generazioni dalla sponda dei padri, questo diluire, imbrogliare li ha respinti sulla stessa riva. C’è ancora la possibilità di potersi riprendere?
Maurizio Liverani