FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI
GARBUGLI GIORNALIERI
A Roma dicono: “famme provà a ingarbujà st’ingarbuj”. A questa regola capitolina, in politica si attengono un po’ tutti; per calcolo, per insincerità, per mancanza di coraggio. Ha fatto grande clamore, suscitando le rituali rimostranze, l’aumento di stipendio del presidente dell’Inps. Alla deplorazione si è adeguato anche Luigi Di Maio il quale ne è corresponsabile avendolo avallato. Si tratta della solita autocritica impura, quella che i politici adottano da anni. Il ministro si è comportato come un “calloso” democristiano, esperto in intrallazzi. Proprio lui che aveva promesso di aprire un fossato tra il vecchio e il nuovo.
Non chiamiamolo scandalo ma disguido. Per avere la cittadinanza italiana un calciatore sudamericano avrebbe dovuto dimostrare di aver appreso la nostra lingua. Esauriti tutti i passaggi di campo, si è scoperto che l’italiano non è ancora nelle sue corde. Come ha fatto a passare l’esame? Le parti in causa si attengono alla riservatezza.
Il telecronista abile a conservare il posto si è spostato, in questi ultimi tempi, verso il Pd. Si è adeguato alla regola di un celebre slogan di Karl Kraus questa: “La bruttezza del presente ha un valore retroattivo”. Ciò rende meno precise le frontiere ideologiche. Tutti i tempi familiari alla destra rientrano nel folclore dell’altra sponda. La selezione professionale non conta più nulla come classificazione politica.
MAURIZIO LIVERANI