GARLASCO: PREVISTA IN UN LIBRO LA RIAPERTURA DELLE INDAGINI
«C’era già scritto tutto nel mio libro “Il garbuglio di Garlasco”. Di nuovo, c’è solo il sussulto di una Procura. Ma i fatti incontestati, le perizie, i rapporti di polizia, le intercettazioni, le testimonianze che non combaciavano, le memorie e le contromemorie, i vuoti di un paese, i salti logici ingiustificati e il dubbio – il ragionevole dubbio – erano già tutti dentro questo libro, che non dava sentenze, ma diceva al lettore: le cose sono più complesse di quel che sembra. È un libro che nasceva dal dubbio e che rimaneva un libro del dubbio fino alla fine, ma metteva nero su bianco di quanto risultava dalle carte giudiziarie e accendeva un faro sulle troppe dimenticanze. Un libro scritto avendo in mente un lettore che non era mai stato in un’aula di tribunale e che i delitti di cronaca li aveva conosciuti solo sui giornali, quindi un libro attento a spiegare i passaggi più tecnici, eppure sorprendentemente molto letto e diffuso fra quanti nei tribunali o dei tribunali vivono».
È il commento a caldo di Gabriella Ambrosio, autrice del libro “Il garbuglio di Garlasco”, pubblicato da Rubbettino nel 2022 e presentato nell’edizione di quell’anno del Salone del Libro di Torino, alla notizia della riapertura delle indagini su una vicenda che, a quanto pare, è tutt’altro che conclusa. Il libro di Gabriella Ambrosio non indica certo un colpevole né rappresenta una difesa d’ufficio di Alberto Stasi; prova piuttosto a far emergere come tutta la vicenda giudiziaria sia gravata di incongruenze e interrogativi rimasti ancora senza risposta. Quello che però il libro mette in evidenza è l’influenza che la percezione pubblica ha avuto sull’esito giudiziario. La narrazione del caso, costruita dai media fin dai primi giorni, ha trasformato il processo in uno spettacolo, portando l’opinione pubblica a un verdetto sommario basato su emozioni più che su fatti concreti. Alberto Stasi è stato dipinto fin da subito come “il bocconiano dagli occhi di ghiaccio”, un’immagine che ha plasmato la percezione collettiva ben prima dell’esito giudiziario. Il suo atteggiamento impassibile, la sua rigidità nelle interviste e la sua freddezza apparente sono diventati, per molti, la prova di una colpevolezza inevitabile. Nel libro si sottolinea come il processo mediatico abbia preceduto quello giudiziario, creando un’associazione automatica tra il comportamento di Stasi e l’idea di colpevolezza. Il volto inespressivo, la postura controllata, il rifiuto di mostrare emozioni in pubblico sono stati considerati più significativi di elementi oggettivi come l’assenza di un movente chiaro e dimostrabile o la contraddittorietà di alcune prove, tra cui le tracce sui pedali della bicicletta, il cui ritrovamento è stato oggetto di dibattiti tra periti. Con la riapertura delle indagini sul delitto di Chiara Poggi, emerge con forza un aspetto che il libro “Il garbuglio di Garlasco” di Gabriella Ambrosio aveva già messo in luce: il caso non è mai stato chiuso davvero.