GIOCHI D’AZZARDO

di Maurizio Liverani

Parafrasando il Giusti, Matteo Salvini potrebbe dire: “Di Maio e Berlusconi che fate voi? / Mi rovinate il poi?”. Dopo il 4 marzo deve sopportare, più che la concorrenza di Di Maio, un ostile, sobrio borghese. La sepoltura dei motivi che lo hanno fatto primeggiare, con la coalizione di destra, gli sottrare il fattore principale della vittoria elettorale. E’ il momento in cui un leader, che vanta un successo, deve illustrare il suo programma. Diventato “eretico” nell’abbigliamento, deve rispondere a diversi interrogativi. Il primo è: che fare? Intanto, confermare, portandosi al vertice, la colleganza con Silvio Berlusconi, accettata nella fase pre-elettorale al punto di servirsi di Silvio per toccare i primissimi piani, ora la respinge. I motivi? Sono di carattere moralistico. Essendo subjudice, il cerimoniere di FI non ha potuto concorrere alle elezioni. Rifiutando di averlo alleato, Salvini si rivela una vivente spia del doppio gioco praticato dai più furbi politici. E’ un leghista “double face”. La violenza rivoluzionaria nella fase precedente il 4 marzo torna a essere la sola sua politica. Umberto Bossi non ha torto a metterlo in guardia. L’ortodossia leghista, esclusiva, insostituibile leva per affermarsi non piace, anzi, è respinta dai partiti con i quali vorrebbe governare. Nella sua ricerca di successo, furiosa quanto poco fortunata, il capo della Lega confida nella convinzione, largamente smentita, che il miglior modo di integrarsi nel sistema è di introdurvi il suo rozzo sistema di espulsione dei clandestini. Poi c’è la sua avversione a Forza Italia; vuole una destra basata di riffe e di raffe sull’odio. Basterebbe tirarlo dentro nell’establishment e tutto sarebbe risolto. Tornerà la pace nelle fabbriche e nelle scuole. Con la pace eterna degli oppositori. In Italia di sentinelle pronte a dare l’allarme contro i pericoli dell’intolleranza ce ne sono sempre meno. Dopo il 4 marzo la Lega si è riverniciata la facciata come “partito democratico”. Ecco: la Lega, nel suo insieme, evoca il ranocchio che snuda la lingua e la rinserra nella certezza di averla carica di zanzare, cioè di elettori. Salvini deve soltanto fingere, in questa fase preparatoria, di rinunciare agli “aut aut”; abbandonarli per il tempo necessario a catturare la preda. Chi è contro questo tipo di Lega è già pronto a voltarle le spalle e additarla come un covo di inconcludenti. E’ un giochetto così facile che Salvini non ha ancora sperimentato. Evidentemente si ritiene il “Migliore” (teorico dell’inserimento nella “stanza dei bottoni”) alternando la mano tesa, nei momenti di frizione e di rischio, al pugno duro nella speranza di irrobustire il movimento. Si illude di creare una milizia decisa a tutto. C’è da dire che la maggioranza dei leghisti si è molto demoralizzata, anche se tra questi sono in aumento elementi perspicaci. Per uscire da questa stagnazione, persino gli stolidi partiti che promettono un rinnovamento, a meno di un miracolo, si tengono avviticchiati alla groppa del sistema. E’ sempre più arduo per tutti, senza un ravvedimento generale, uscire da questa prostrazione.

Maurizio Liverani