di Barbara Soffici
Il premier Renzi si può dire davvero soddisfatto per come sono andate le cose fino a questo momento. Anche se le questioni con l’Europa (migrazione e austerità) sono ancora in stato di stallo, sul fronte nazionale il governo è riuscito a sostenere tutte le sfide che si sono profilate nel mese di aprile: è riuscito ad affrontare lo scandalo “petroli” ( e le dimissioni del ministro Guidi), è uscito indenne dal referendum antitrivelle e dalle mozioni di sfiducia, ha incassato l’ultimo “sì” parlamentare per la riforma costituzionale. Sicuramente un ottimo bottino, se non si considera la spinosa questione irrisolta, con le toghe, per le “intercettazioni”. Il nuovo scandalo degli appalti truccati (in cui è coinvolto il presidente Pd della Campania Nicola Graziano, accusato di concorso esterno) ha riacceso infatti i riflettori sulla controversa questione, ha rinfocolato le polemiche tra toghe e politici che il Csm sembrava aver sedato, sorvolando sulle “inopportune dichiarazioni”, “politici ladri”, del presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati Piercamillo Davigo. Convinto che le “intercettazioni telefoniche” siano un mezzo indispensabile per sventare i reati di corruzione, schierandosi apertamente contro la riforma del governo, Davigo ha ripetutamente ribadito che “la disciplina delle intercettazioni esiste già”. E funziona. Dalla sua, il premier Renzi ha dichiarato che “chi ruba deve andare in carcere” e di aver fiducia nella giustizia; ha assicurato anche di non voler “depotenziare” le intercettazioni, ritenute dalla magistratura strumento fondamentale per contrastare la corruzione, ma semplicemente tutelare la privacy. La riforma quindi andrà avanti, non “per cambiare le regole del gioco”, semmai per disciplinare la selezione delle conversazioni utili a sventare un ipotetico reato e la conseguente divulgazione, che fino ad ora ha esposto gli intercettati (sempre figure di rilievo, non solo della politica) alla gogna mediatica, costringendoli molto spesso a farsi da parte in attesa che la legge, con i suoi lunghi tempi, faccia nel frattempo luce sulla vicenda. Il riferimento al ministro Federica Guidi (coinvolta, suo malgrado, in un traffico di influenze, costretta per questo alle dimissioni) è stato evidente a tutti. Di fatto ci si chiede se le intercettazioni, adoperate in modo invadente (in aperta violazione dell’articolo 15 della Costituzione che garantisce il diritto inviolabile alla libertà e alla segretezza di ogni tipo di comunicazione) offrano davvero solo uno strumento per le indagini, se si possa arrivare ad un uso più appropriato che eviti la divulgazione di parti di intercettazioni di natura privata, senza valenza penale e al di fuori dei confini dell’indagine. E’ infatti opinione comune che i “pregiudizi” della magistratura abbiano spesso leso la politica. La provocatoria dichiarazione “politici ladri” del presidente dell’Anm (ex Pm di Mani Pulite) ha suscitato, infatti, preoccupazione per quella visione giustizialista che potrebbe, di certo, deviare la “dialettica tra poteri e ordini dello Stato”. Per un momento il premier è stato forse assalito dal sospetto che si vogliano nuovamente usare le vicende giudiziarie per contrastare e affossare il governo. Come peraltro è accaduto in passato. Ed ecco l’illuminazione, un’ultima mossa, strategica, per sciogliere, per rimuovere tutti i nodi: cambiare tutti i vertici istituzionali delle forze e dei servizi italiani. Salutato così l’ammiraglio Giuseppe De Giorgio (indagato nell’inchiesta di Potenza sul petrolio) il governo ha nominato alla velocità della luce il nuovo capo dello Stato Maggiore della Marina, l’ammiraglio Valter Girardelli; a guidare la Guardia di Finanza è stato scelto invece il generale Giorgio Foschi; a capo della Polizia, l’attuale prefetto di Roma Franco Gabrielli; a dirigere e coordinare l’intelligence (Dis) è stato chiamato Alessandro Pansa (ex capo della Polizia) e ai servizi segreti interni (Aisi) l’ex capo dei Ros, il generale Mario Parente. Con queste nomine, in carica per due anni, il tempo della durata del governo, ora Renzi si sente tranquillo.
Barbara Soffici