GLI STRATEGHI DEL NULLA

FATEMELO DIRE
di MAURIZIO LIVERANI

GLI STRATEGHI DEL NULLA

Il tempo ha neutralizzato la figura del capo indiscusso. E’ questa la ragione per cui il Pd una scelta chiara non la fa o è costretto a farla. Oggi Bersani, staccatosi dal Pd, ha sempre l’aria di un piccolo notaio di provincia; Zanda quella di un rancoroso prelato del dissenso. Chi cerca di espandere la propria popolarità è Matteo Renzi, ora Italia viva, che qualche mese fa si era convinto di aver raggiunto le proporzioni del mito. Uomini di sinistra gli vogliono bene anche se non lo possono vedere.

Orson Welles, coniugato con una italiana, ci rimproverava di non amare la cultura. Quella che amava Palmiro Togliatti. Il Migliore non è stato soltanto “costretto” ad atteggiarsi stalinista; è stato anche l’uomo che approvò l’articolo 7 della Costituzione repubblicana e quando era ministro della Giustizia deliberò l’amnistia. In cambio di un lungo periodo di pace chiese che fosse respinto il Patto Atlantico. Domanda: è nato allora o non è nato allora il governo delle larghe intese?

Di sé Togliatti dava un ritratto niente affatto allarmante; più che un capo partito, appariva un brillante polemista che rendeva interessanti i dibatti politici. Rabbiosi, rissosi, i Pajetta, gli Amendola, gli Ingrao dovettero adattarsi allo stile togliattiano. E, infatti, si fece strada la convinzione che i comunisti italiani fossero dei comunisti particolari, che nulla avessero a che fare con quelli sovietici, con le brutali schiavitù, le feroci persecuzioni, i crudelissimi eccidi di stampo staliniano. Ecco, proprio qui sta l’importanza di Togliatti non soltanto nel comunismo italiano, ma nel comunismo europeo: nel mutare un partito guerriero in un partito ansioso di porre una tregua all’odio di parte. 
 
MAURIZIO LIVERANI