di Maurizio Liverani
Il comico del momento, meglio, l’attore che va per la maggiore obbedisce a una definizione di Cicerone che fa discendere la parola “freddura” dall’espressione latina “frigida verba”. La battuta di spirito risulta subito “freezer”. Nella comicità di Checco Zalone c’è la rinuncia a un vero e proprio dialogo. Il “personaggio” agisce per contrasto; la sorpresa visiva non va soggetta alla “battuta” che accompagna la freddura; conserva lo stupore che non si logora. Zalone non smonta cose serie e gravi, nel suo caso la comicità è ricavata visivamente, senza attendere l’ausilio della parola. Si manifesta dopo che l’attore ci ha fatto ridere. Tra comico e tragico, nei grandi della risata, c’è una logica consonanza. La stessa logica ritroviamo in Mr. Bean. Checco Zalone è il più moderno tra i nostri comici perché si ricollega ai più antichi; ha appreso la grammatica dell’assurdo; una struttura narrativa quasi dal silenzio, senza bizzarrie battutistiche. E’ una comicità dal tono svagato che imbratta di sberleffi l’ipocrisia dominante contro la quale è liberatoria anche la maleducazione. E’ un dandy di bassa estrazione che boccia l’ineleganza dei comici che fanno gran uso della parola. Non è sciatto ma un po’ sbiadito anche nell’animo; è platealmente asociale. Il comico rivela ciò che non vorremmo rivelare, quello di cui ci vergogniamo e nascondiamo; cela l’immagine dell’”io” vergognoso e segreto che c’è in tutti noi. I suoi silenzi, riempiti da espressioni attonite e sorprese, rivelano un uomo “senza qualità” che esprime una comicità di prim’ordine con aspetto dimesso ma inappuntabile. E’ il suo modo di mettere in crisi il costume mentale degli italiani; disaggrega attraverso associazioni di idee l’isolamento dell’individuo per nascondere quello che non vorrebbe essere. Trasferisce tutto ciò quasi senza l’ausilio della parola, con un linguaggio melanconico e a volte attonito che ingenera comici malintesi. Sembra che faccia ogni sforzo per non apparire divertente, di passare inosservato, ottenendo per reazione il risultato opposto in modo delirante. Vorrebbe interpretare, ha dichiarato a Vittorio Zincone, il maestro Riccardo Muti. “E’ di Molfetta. Lo farei bambino, già altero e severissimo. E con la maestra delle elementari che lo chiama… Maestro”. Insomma, Checco Zalone è un “traditore” della comicità all’italiana. La sua ironia è una cura necessaria per gli italiani, ammalati di retorica. Per questo rimpiangiamo caricaturisti come Novello e Mosca con la loro arguzia. La caricatura, oggi, sembra il grido di un fucile politico.
Maurizio Liverani