di Maurizio Liverani
Che ne sarà dei trombati alle ultime elezioni quando il “fringuello” dei grillini, Luigi di Maio, dovesse diventare premier? I più fervidi lo chiamano “carciofino sott’olio”. Le personalità sbiadite che sono state defenestrate pensano a riciclarsi. Hanno già assunto il tono pedante di chi è in cerca di voti con la stantia formula “Luigi Di Maio sarà soltanto per poco tempo un ingombro”. Cosa gli manca per durare secondo questi “costretti a dimettersi”? In base alla concezione democristiana del parlamentare non ha la loro spavalda demagogia e non è dotato di concetti tortuosi. Nei suoi discorsi non si trova – secondo questi detrattori – un sorso di donsturzismo né di dossettismo. Pensate, non ha neanche una strofinatura di sindacalismo mescolato all’acqua piovana sul “valore dell’uomo” che si è sempre trovata qua e là in qualche tiritera dei soliti noti. I capiscarichi (questa volta scaricati, momentaneamente) partono da questa premessa: noi vantiamo una morale accanto a una non “ben definita” dottrina sociale; questa l’abbiamo presa dai ruderi del comunismo. La formula è “dottrinella sociale più fioca morale”; non è importante per questa classe politica defenestrata dimostrare di essere tonificata dai sali dell’intelligenza. Sono quasi tutti deputati (ora ex) rebus. Se qualcuno di loro ha conosciuto dei fasti lo deve al compianto Beniamino Andreatta il quale non voleva essere strumentalizzato. Aveva capito per primo che i genitori della democrazia cristiana sono stati, molto incautamente, la paura del comunismo e il crollo dell’idea nazionale dopo la disfatta. Ha cercato nel cestone diccì qualche figura con la quale fare da anticipatore dei tempi nuovi, baluardo di una tradizione composta alla bene meglio. Voleva che i democristiani non si mettessero sul solco del Polo, così si chiamava allora Forza Italia. Ci commuoveva il candore di Andreatta che diceva: “Mi auguro che l’Asinello (si era negli anni ’90) si affermi o con i diesse finiremo come i piccoli indiani”. Un pragmatista come lui se ne era accorto; ma a suonargli la sveglia sono state le Br e subito dopo i partitini, così erano allora, sorti dalle ceneri della Dc. E’ suonato il campanello dall’allarme. Andreatta, che era un professore con “fiuto”, cercava di dare una sterzata ai democristiani. Ma pochi erano disposti a rimboccarsi le maniche, persuasi che il comunismo era ormai entrato come il tarlo nel legno con la prospettiva di progredire. L’addolcimento del comunismo italiano è una variazione che ha fatto nascere la Lega, il Movimento 5 stelle e tante altre variazioni astute pronte a saltare sul potere. Matteo Renzi si è tolto da solo il vizio dello stalinismo e tenta di essere la guida ideale di una formazione social-liberista. Mentre Di Maio si atteggia ancora a pavone; non vuole né la destra né Berlusconi in una politica che si è man mano “berlusconizzata” e tradisce la sua vera essenza: quella di un fringuello marino.
Maurizio Liverani